sabato 24 novembre 2012

Incontro con Farid Adly


L’Associazione Culturale L’Agorà di Giarre propone un incontro
con il giornalista libico Farid Adly sul tema:
La primavera araba: il caso della Libia.



 
Farid Adly è un giornalista libico che dagli anni universitari risiede in Italia. Collabora con diversi giornali tra cui il Corriere della Sera e il Manifesto. Negli anni Settanta ha fondato a Milano il periodico dedicato al Medio Oriente Al-Sharara (La Scintilla). Ai tempi dell'Università è stato il Presidente del Movimento degli Studenti Libici in Europa (GULS). Nel 1980 ha fatto la storica esperienza pionieristica della trasmissione di Radio Shaabi, la trasmissione in lingua araba realizzata da Radio Popolare. E’ direttore dell’agenzia stampa bilingue ANBAMED (sta per Anba', notizie in arabo e Med, contrazione di Mediterraneo), fondata nel 1999 come servizio stampa bilingue in italiano e arabo, con lo scopo di fare da ponte di comunicazione tra i mondi dell'informazione e dell'economia delle sponde del Mediterraneo. Durante la guerra in Iraq ha collaborato con il Corriere della Sera, ottenendo un forte apprezzamento di pubblico e di critica. Solidarietà, difesa dell'ambiente e multiculturalità sono stati i campi che ha seguito da vicino, sia nel suo impegno professionale che in quello sociale. Nel 2005 ha ricevuto minacce di morte di stampo mafioso per aver denunciato all'opinione pubblica le discariche abusive nei torrenti Inganni e Furiano, nel comune di Acquedolci. Ha partecipato alla fondazione del circolo ARCI "A. C. Mediterraneo" - Casa delle Culture, con l’impegno di realizzare un “Campo Solidarietà” per raccogliere fondi a favore delle adozioni a distanza di bambini e bambine palestinesi. E’ stato ospite come opinionista e conoscitore dei fatti alla trasmissione “L’Infedele” del 21 febbraio 2011. Ha pubblicato saggi, racconti e poesie, in italiano e arabo. È l’autore del libro La rivoluzione libica (Edizioni Il Saggiatore- 2012). Nel libro Farid Adly tenta di dare un volto agli eventi fatidici e agli scontri armati che hanno portato alla caduta del regime di Gheddafi riflettendo sugli interrogativi posti dalla rivoluzione libica, analizzando anche il ruolo e il coinvolgimento delle potenze straniere negli affari della famiglia Gheddafi. Pur non essendo cittadino italiano, ha sempre vissuto intimamente il legame con la società che lo ha circondato dando, con il suo comportamento e l’impegno civile, profondo significato al termine di cittadinanza, non tralasciando per questo le sue battaglie per uno sviluppo democratico del suo Paese (di cui mantiene la cittadinanza).
Oggi vive ad Acquedolci, in provincia di Messina, con la sua famiglia.


L'INCONTRO CON FARID ADLY si terrà
martedì 27 novembre ore 17,00
presso la sede de L’Agorà, Via Carolina,192-Giarre



Nella mattinata di martedì 27 novembre Farid Adly incontrerà al Liceo Leonardo alcune classi nell'ambito del progetto Dialogo interculturale coordinato dal prof. Raffaele Carbonaro.

Gli studenti non inseriti nel progetto del Leonardo potranno comunque incontrare Farid Adly nel pomeriggio presso la sede L'Agorà.


 


mercoledì 21 novembre 2012

25 novembre, non più violenza alle donne


"Negli ultimi anni, in diversi consessi internazionali, lo Stato italiano è stato fortemente redarguito dalle Nazioni Unite per il suo scarso e inefficace impegno nel contrastare la violenza maschile nei confronti delle donne. ”
"Nel 2012 l’Italia è scesa dal 74° all’80° posto – dopo il Ghana e il Bangladesh – nella classifica del Gender Gap Report sulla condizione della donna nel mondo, stilata dal World Economic Forum"



Questo messaggio accompagna l'iniziativa del Comitato NO MORE VIOLENZA  nella presentazione della Convenzione nazionale contro la violenza maschile sulle donne – femminicidio

Non è più possibile ignorare quella che sta diventando una vera
emergenza umana, sociale e civile.

In occasione dell'appuntamento internazionale indetto dall'ONU per il 25 novembre, dedicato alla condanna della violenza di genere,  le associazioni italiane e le istituzioni locali organizzano una serie di iniziative di sensibilizzazione: spettacoli, seminari, corsi, fiaccolate e anche screening gratuiti dello stato di salute.

Aderisci  alla Convenzione e alle iniziative promosse nel territorio  che trovi nella sezione appuntamenti


Segui tutti i progetti nazionali e delle scuole per le PARI OPPORTUNITA' attraverso il


venerdì 16 novembre 2012

I valori della Costituzione




"Intorno a noi, vuoto politico. Ci voleva tanto a capire che la tecnica non basta a governare un Paese? Il governo tecnico poteva essere una medicina, ma la parola avrebbe dovuto riprendersela al più presto la politica. Ci voleva tanto a immaginare il logoramento che si sarebbe determinato: astensionismo, violenza, rifugio in forme di protesta elementari, prepolitiche? Siamo ancora in tempo per riprendere in mano politicamente la situazione, o non siamo più in tempo? Questa è la domanda". C'è preoccupazione nella riflessione di Gustavo Zagrebelsky. Nel "Manifesto di Libertà e Giustizia", da lui appena elaborato, viene indicata una possibilità, singolarmente consonante con quanto scrive Salvatore Settis nel suo ultimo libro che porta il sottotitolo "ritornare alla politica, riprendersi la Costituzione".




leggi l'intervista a Gustavo Zagrebelsky su Repubblica, 16 novembre 2012

sabato 10 novembre 2012

Le ferite aperte degli "anni di piombo"

Walter Tobagi è stato ucciso a Milano il 28 maggio 1980, gli hanno sparato alcuni membri di una formazione terroristica di sinistra, la "Brigata XXVIII marzo".  Tobagi era un giornalista del Corriere della Sera, uno storico e il presidente del sindacato dei giornalisti lombardi; quando è morto aveva trentatre anni, il figlio Luca sette, la figlia Benedetta tre.





Un paio di anni fa Benedetta Tobagi ha dedicato al padre un forte delicato bilancio dell'anima, Come mi batte forte il tuo cuore. Sugli assassini degli anni di piombo, di cui la sua famiglia fu una delle tante incolpevoli vittime, Benedetta ripropone lo stesso giudizio di Olga D'Antona, vedova del giuslavorista assassinato nel 1999: "sono così pateticamente inadeguati all'enormità del male che hanno compiuto". E' mancata quasi sempre la consapevolezza totale del dolore inflitto agli altri per potere trovare una strada nuova. "Il protagonismo di molti ex terroristi, i ragionamenti ancorati a vecchie logiche, a rappresentazioni falsate dell'Italia, i loro occhi, dicono che spesso questo passaggio non c'è, e nemmeno il riconoscimento. A questa ferita, in Italia si somma il problema che spesso alle vittime è mancato persino un riconoscimento sociale, con la ribalta occupata da ex terroristi trattati come esperti, ribelli coraggiosi o addirittura maestri".

Raccontare significa resistere e resistere significa preparare le condizioni per un cambiamento, ha scritto Roberto Saviano. E' quanto  si propone Benedetta Tobagi, con il suo "conservare tracce di vita per capire e raccontare". Dall'altra parte, quella dei responsabili,  nota l'autrice con dolore e parole amarissime, questo cambiamento come consapevolezza del dramma di anni terribili per maturare una diversa coscienza civile forse non c'è mai stato.

Il testo aiuta a capire il senso autentico della memoria storica, quando non si cade in revisionismo giustificazionistico, prassi ahimè molto diffusa nel nostro Paese.












mercoledì 24 ottobre 2012

NEET, il dramma della generazione senza studio e lavoro





I nostri giovani non sono choosy, come incautamente sono stati definiti dal ministro del lavoro. In Italia non si fanno capricci tra i giovani, la gran parte ormai accetta di tutto pur di fare qualcosa, anche con laurea e master in tasca.
Il dramma vero oggi è rappresentato dai NEET. Non lavorano e non studiano, non fanno neanche uno stage. Sono i Neet, Not in Education or in Employment Training. Nel nostro Paese sono due milioni, un ragazzo su quattro se si considera la fascia d'età tra i 15 e i 29 anni. Diventano più di tre milioni, uno su tre se si arriva fino ai 34. Soprattutto donne del Mezzogiorno con un basso livello di istruzione, ma anche diplomati e laureati. Tutti "condannati a consumare senza il diritto di produrre".
Il nuovo allarme sociale annuncia che nel 2020 avremo 18 milioni di laureati in meno, con gravissime conseguenze per il ricambio generazionale nei quadri specializzati dello stato. Tantissimi inoltre stanno lasciando l'Italia, partono per lo studio ma poi si fermano fuori perchè lì trovano lavoro reale.

A questa realtà bisogna guardare, a questi giovani bisogna dare prospettive se vogliamo un futuro per un paese dignitoso e capace di procedere da solo.



sabato 20 ottobre 2012

Stop al femminicidio






Scrive oggi su Repubblica Adriano Sofri: "Per registrare il passaggio della centesima donna assassinata nell'anno la sorte ha scelto due sorelle ragazze 1, la minore che fa da scudo all'altra e muore al suo posto. E un assassino di 22 anni, che va a cercarle con il coltello in tasca, e prima ha pubblicato sulla sua pagina di Facebook, in una cornice colorata riempita di angioletti e cuoricini, parolette sulla "perdita di qualcuno che ami".





E' l'ennesimo drammatico caso di FEMMINICIDIO in Italia, la centesima donna assassinata dall'inizio dell'anno, una cifra incredile. 
 "I nomi, l’età, le città cambiano, le storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà.
Scrivono ancora le donne del Comitato promotore della petizione MAI PIU' COMPLICI: " E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla"

Il Comitato propone una petizione da firmare perchè non è possibile più tollerare, aspettare, dimenticare


Tocca a tutti,  uomini e donne, adulti e ragazzi, educatori e studenti, attivarsi da subito per scrollare energicamente questa società malata che non riconosce più la dignità dell'essere umano e la dialettica di genere come suo fondamento.




scadenza 10 novembre 2012




sabato 13 ottobre 2012

Nobel per la pace 2012 all'Unione Europea


La notizia del  premio Nobel per la Pace assegnato all'Unione europea ad Oslo un paio di giorni fa, ha trovato ampio spazio su tutti i giornali di ieri, accompagnata da espressioni di piacevole sorpresa di alcuni ma anche dal disappunto di altri.




DAI GIORNALI

Sorpresa, l'Unione europea ha ricevuto ieri il premio Nobel per la pace, suscitando una generale reazione di orgoglio. Molti hanno salutato i successi del passato, tralasciando per un attimo le difficoltà del presente Il comitato norvegese del Premio Nobel, presieduto dall'europeista convinto Thorbjoern Jagland, ha attribuito il premio Nobel per la pace 2012 all'Unione europea per «aver contribuito per sei decenni all'avanzamento della pace e della riconciliazione, la democrazia e i diritti umani in Europa». Il processo di integrazione è nato all'indomani della guerra con un piccolo gruppo di sei Paesi. Oggi gli stati membri sono 27, sui due lati dell'ex cortina di ferro.

Al di là delle divisioni, delle tensioni e dei pregiudizi, soprattutto in questi ultimi anni, l'Unione è uno straordinario esperimento nel quale gli stati hanno messo in comune i loro destini e accettato in larga misure una cessione della loro sovranità. Per molti versi, l'Unione è solo un esempio del modo in cui il continente si è unificato nel corso degli ultimi venti secoli. L'Europa di oggi ha ha le sue radici anche nelle battaglie di Giulio Cesare o nelle istituzioni di Carlomagno.

   Il Sole 24 ore 


  DEMOCRAZIA - Il comitato ha deciso di premiare l'Ue per l'impegno per la democrazia e per i diritti umani   «L'Ue e i suoi predecessori hanno contribuito per più di 60 anni alla pace e alla riconciliazione, alla democrazia e ai diritti umani», ha detto il presidente del comitato Thorbjoern Jagland. «L'Unione e i suoi membri per oltre sei decenni hanno contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa», si legge nel testo di assegnazione del premio Nobel per la pace all'Ue.

RICONCILIAZIONE - «Durante gli anni della guerra, il comitato norvegese per il Nobel ha assegnato il riconoscimento a persone che hanno lavorato per la riconciliazione tra Germania e Francia» ha continuato il testo letto dal presidente Thorbjoern Jagland. «Oggi un conflitto tra Berlino e Parigi è impensabile. Ciò dimostra come, attraverso sforzi ben mirati e la costruzione di una fiducia reciproca, nemici storici possano divenire partner». Citando l'entrata nell'unione, negli Anni '80, di Grecia, Spagna e Portogallo e la Caduta del Muro di Berlino il testo con le motivazioni dell'assegnazione del premio ricorda come tutto ciò abbia reso possibile l'ingresso a numerosi Paesi dell'Europa centrale e orientale, aprendo una nuova era nella storia d'Europa. E la fine delle divisioni tra Est e Ovest. «L'Ue sta affrontando una difficile crisi economica e forti tensioni sociali» si legge ancora. «Il Comitato per il Nobel vuole concentrarsi su quello che considera il più importante risultato dell'Ue: l'impegno coronato da successo per la pace, la riconciliazione e per la democrazia e i diritti umani.


CONTINENTE DI PACE - Il ruolo di stabilità giocato dall'Unione, secondo il comitato per il Premio Nobel, «ha aiutato a trasformare la gran parte d'Europa da un continente di guerra a un continente di pace». Il lavoro dell'Ue rappresenta la «fraternità tra le Nazioni «e costituisce una forma di "congressi di pace" ai quali si riferiva Alfred Nobel nel 1895 come criterio per il premio Nobel per la pace».


TWITTER -Immediato il commento del presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz che in un messaggio su Twittere si è detto «commosso e onorato» ha scritto: «La riconciliazione è ciò che l'Unione Europea è. Può servire come fonte di ispirazione». Sempre sul social network si è espresso il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso: «un grande onore per l'intera Unione europea e per tutti i 500 milioni di cittadini». L'assegnazione del premio Nobel è per il cancelliere tedesco, Angela Merkel «un incoraggiamento agli sforzi per la pace».

Corriere della Sera, 12 ottobre 2012


Non tutti però concordano
"Il Nobel all'Unione europea, quando Bruxelles e tutta l'Europa stanno collassando nella miseria. Il prossimo cosa sarà? Un oscar a Van Rompuy?" ironizza l'euroscettico olandese, Geert Wilders. Stesso registro per Nigel Farage, a capo del britannico Independence Party: "è una disgrazia totale", ha detto, "e porta discredito al premio Nobel".

Norvegia: congratulazioni, ma il nostro ingresso non è in agenda. Ad attribuire il premio all'Unione europea è stato un Paese che finora ha deciso di rimanerne fuori. E se i membri Comitato norvegese hanno votato il riconoscimento all'unanimità, i loro concittadini sono rimasti sempre stati divisi sulla questione e in due referendum, nel 1972 e nel 1994 hanno votato contro l'adesione all'Ue. Dal premier norvegese Jens Stoltenberg sono arrivate congratulazioni alla Ue, ma l'ingresso nell'Unione, ha ribadito, "non è nell'agenda di Oslo". Felicitazioni, quindi, ma strettamente separate dalle relazioni tra Ue e Norvegia.

la Repubblica, 12 ottobre 2012