giovedì 30 maggio 2024

IL DISCORSO DI GIACOMO MATTEOTTI CENTO ANNI DOPO CONTRO VIOLENZE E ABUSI DEL POTERE FASCISTA




Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti denunciò in Parlamento le violenze e i brogli che avevano accompagnato le elezioni del 6 aprile. Ne chiedeva, proprio per questo, l'annullamento. Per quel potente discorso Matteotti venne rapito e pugnalato a morte dagli squadristi fascisti il 10 giugno successivo. 

Mussolini riconoscerà di essere stato il responsabile dell'accaduto il 3 gennaio 1925, trasformando cosi da quel momento in dittatura il suo governo autoritario. 

Oggi in Parlamento è stata riletta quella coraggiosa denuncia, che va riascoltata interamente per capire come si può scivolare nel baratro se si sceglie l'indifferenza o si nega quanto accade sotto i nostri occhi. 

Muore anche la democrazia quando si uccide la verità.


IL DISCORSO DI MATTEOTTI RILETTO DOPO 100 ANNI

VIDEO COMPLETO 




giovedì 28 marzo 2024

COME CAMBIA LA CITTA'

 


I VOLTI DI GIARRE NEL CORSO DEL NOVECENTO

CONVEGNO DI STUDI

domenica 25 giugno 2023

LO SBARCO ANGLOAMERICANO IN SICILIA DEL 10 LUGLIO 1943

 

La notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 dai cieli sopra Gela e dalla spiaggia ebbe inizio l’Operazione Husky degli Alleati. 

Nell’imminente ottantesimo anniversario dello sbarco in Sicilia  riprendiamo le tracce di quella fase della storia della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo.


L'ISOLA NELL'ESTATE DEL 1943

di Grazia Messina

Studi storici siciliani, giugno 2022

da Focus:

LO SBARCO DEL 10 LUGLIO 1943


LA VISITA AL MUSEO DELLO SBARCO DI CATANIA

lunedì 23 maggio 2022

A trent'anni dalla strage di Capaci

 


Una imponente installazione artistica realizzata dagli studenti del Liceo Artistico Emilio Greco di Catania, in collaborazione con l’ ANM, ai piedi del Palazzo di Giustizia che riproduce Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel trentesimo anniversario della strage di Capaci



riporto un articolo di Salvo Palazzolo

Nel cratere dell'autostrada trent'anni di misteri

di Salvo Palazzolo

                                                         da la Repubblica del 23 Maggio 2022

Trent'anni dopo, quel cratere sull'autostrada di Capaci è ancora una voragine piena di misteri. Ecco l'ultimo. La sera del 23 maggio 1992, un camionista telefonò al numero verde dell'Alto commissariato per la lotta alla mafia: "Ieri, c'erano tre operai che stavano lavorando proprio lì dove hanno ammazzato il giudice Falcone - disse - e mi è sembrato strano, perché erano le 19.30, e poi avevano una tuta giallina troppo pulita per essere un fine settimana". Una testimonianza importante, la telefonata fu inviata subito alla procura di Caltanissetta, che la fece trascrivere, ma non venne fatto nessun altro approfondimento: il verbale è rimasto per trent'anni in un archivio, dove Repubblica l'ha ritrovato.

E, adesso, le parole di quel testimone dimenticato (o rimosso?) rilanciano il mistero. Chi c'era davvero sull'autostrada Punta Raisi-Palermo per preparare e realizzare l'attentato che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i poliziotti Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Trent'anni dopo, sono ancora tanti i punti oscuri di una strage che ha segnato la storia d'Italia. Nonostante tre degli esecutori materiali, diventati collaboratori di giustizia - Giovanni Brusca, Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo - abbiano assicurato che non c'erano presenze esterne nel commando messo in campo dalla Cupola mafiosa diretta da Salvatore Riina.

Ma i dubbi restano, sono fissati nelle stesse sentenze che hanno condannato mandanti ed esecutori di Cosa nostra. E la magistratura continua a indagare.

Le piste aperte

La procura di Caltanissetta, oggi diretta da Salvatore De Luca, e la procura nazionale antimafia, adesso guidata da Giovanni Melillo, scavano dentro vecchie piste e nuovi spunti. Si prova a dare un'identità al Dna femminile estratto dal guanto ritrovato accanto al cratere, subito dopo la strage. Si indaga sull'utenza del Minnesota chiamata due ore prima dell'attentato da Antonino Gioè, il mafioso che poi si impiccò il 28 luglio 1993 nel carcere di Rebibbia (altro episodio avvolto da troppi misteri): l'Fbi ha comunicato che l'utenza fissa era installata in un residence di Maplewood. Chi c'era in quell'appartamento?

Gioè, uno dei componenti più autorevoli del commando di Capaci, utilizzava un telefonino con un'utenza fantasma, ovvero un numero che all'epoca non era stato ancora assegnato in modo ufficiale: già durante le prime indagini, era emerso che il trucchetto era stato reso possibile da qualcuno all'interno dell'agenzia Sip di Roma Nord, da sempre al centro di molti sospetti per collegamenti con ambienti deviati dei servizi segreti.

I magistrati provano anche a dare un volto a una figura misteriosa a cui ha fatto cenno Gioacchino La Barbera. Ha detto: "Mentre stavamo mettendo da parte l'esplosivo per l'attentato a Falcone, in una villetta di Capaci, notai una persona che non avevo mai visto. Arrivò con Antonino Troia, il capomafia di Capaci, parlò pure con Raffaele Ganci, il capomafia della Noce. Non l'ho più vista quella persona".

La talpa

Un altro filone di indagini è legato alle parole pronunciate in carcere da Salvatore Riina. Intercettato dai pm dell'inchiesta Stato-mafia, diceva al compagno dell'ora d'aria: "Abbiamo incominciato a sorvegliare, andare e venire da lì, aeroporto, cose... abbiamo provato a tinghitè (in abbondanza, ndr), siamo andati a Roma, non ci andava nessuno.... Non è a Palermo... fammi sapere quando arriva... in questi giorni qua". L'intercettazione è disturbata, alcune parole non si riescono a comprendere. "Andammo a tentoni - prosegue il padrino - fammi sapere quando prende l'aereo". Chi fece sapere al commando di Riina quando Falcone avrebbe preso l'aereo di Stato allo scalo romano di Ciampino per arrivare a Palermo? Nessun pentito ha saputo dirlo. Doveva tornare in Sicilia il venerdì, la scorta era stata già allertata. Poi, all'improvviso, un impegno della moglie fece slittare al giorno dopo il ritorno a casa.

Gli uomini in tuta

Chi c'era davvero a Capaci? I mafiosi condannati nascondono qualcosa? Forse, era operativo un altro commando riservato? Dopo la strage arrivarono diverse segnalazioni di operai lungo quel tratto di autostrada: nel processo Capaci bis, la procura di Caltanissetta è tornata a sentire l'ex funzionario della squadra mobile Roberto Di Legami, che si era occupato di verificare le testimonianze, una in particolare, arrivata dal cognato del generale dalla Chiesa. L'ingegnere Francesco Naselli Flores aveva riferito di aver visto due persone sul ciglio della strada, dietro a un Ducato bianco, intorno a mezzogiorno del 22 maggio. I magistrati hanno detto che erano gli operai della "Iter Cooperativa Ravennate", che stavano realizzando la nuova aerostazione: l'allora direttore tecnico della cooperativa ha detto in aula che gli operai facevano la spola con Palermo attraverso furgoni bianchi. Fra le 7,30 e le 17.

Il caso è stato chiuso. Ma, adesso, quella testimonianza ritrovata da Repubblica parla di una presenza in autostrada alle 19,30. E quegli operai segnalati dal camionista non vengono descritti come di passaggio, ma al lavoro. "Uno di loro aveva fra le mani un oggetto cilindrico grande una quarantina di centimetri - disse il testimone - l'ho visto che scendeva verso la scarpatina". Chi erano quegli uomini? E perché non fu rintracciato il testimone? "Questa telefonata non ci fu mai passata - dice a Repubblica il dottor Di Legami - è la prima volta che ne sento parlare. Avremmo fatto tutte le verifiche, come negli altri casi segnalati".

Eccolo, l'ultimo mistero di Capaci. Per trent'anni, una testimonianza così importante è rimasta dentro i faldoni che raccolgono la consulenza dell'esperto informatico Gioacchino Genchi, a lui i sostituti procuratori di Caltanissetta Carmelo Petralia e Pietro Vaccara diedero l'incarico di trascrivere la telefonata. "La mia attività riguardava i computer di Falcone - ricostruisce Genchi - ci vennero date anche alcune audiocassette da trascrivere". Ma, poi, il racconto del testimone rimase chiuso in un cassetto di quella procura che da lì a qualche mese avrebbe finito per costruire un altro mostro, il falso pentito Scarantino.



venerdì 4 marzo 2022

LA GUERRA IN UCRAINA E LA MANIFESTAZIONE AL LICEO LEONARDO

LA GUERRA IN UCRAINA: ANALISI E OPINIONI SU MICROMEGA 



L’Ucraina nasce come Stato indipendente nel 1991, a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma sperimenta una crescente instabilità, soprattutto agli inizi del nuovo millennio, data dalla contrapposizione tra i fautori dell’avvicinamento all’Unione Europea e all’Occidente e i sostenitori del legame storico con la Russia.

La contrapposizione si fa evidente con la presidenza di Viktor Yanukovych (eletto nel 2010 ma in precedenza primo ministro). È sotto la sua leadership che il Paese vira decisamente verso la Russia. Questo spostamento dell’asse politico si palesa nel 2013 con il rifiuto, da parte di Yanukovych, di firmare l’accordo di associazione e libero scambio con l’Unione Europea. Immediate (siamo in novembre) le proteste di piazza (che prendono il nome di “EuroMaidan” e in cui sono presenti nazionalisti filo-occidentali e antirussi, alcuni dei quali neonazisti), che infiammano il Paese, fanno un centinaio di morti e si concludono, tre mesi più tardi, con la fuga di Yanukovych. 

Non passa neanche un mese che l’Ucraina perde un pezzo del proprio territorio: nel marzo 2014 infatti la Russia sancisce ufficialmente la secessione della Repubblica di Crimea dall’Ucraina e la sua annessione alla Federazione Russa. Pochi giorni prima, gli abitanti della regione (a maggioranza russofona) avevano espresso mediante referendum (considerato illegale dalla Corte costituzionale ucraina) la volontà di tornare sotto la sovranità di Mosca ma di fatto il processo di riannessione della Crimea alla Russia era iniziato quando migliaia di militari russi privi di mostrine ne avevano preso il controllo. 

La regione del Donbass, nell’Est dell’Ucraina, segue a ruota l’esempio della Crimea, scatenando una guerra civile nelle province di Donetsk e Lugansk, che si autoproclamano repubbliche indipendenti (si tratta delle due repubbliche riconosciute da Putin nel discorso di pochi giorni fa). Nel febbraio 2015, con l’accordo detto Minsk II, si giunge a un cessate il fuoco ma gli impegni assunti in quel momento non vengono del tutto rispettati dalle parti, con la conseguenza che il conflitto prosegue di fatto ininterrottamente fino a oggi. 

Su tutta questa situazione incandescente si innesta il progressivo allargamento a Est della Nato (a eccezione degli Stati dell’ex Jugoslavia, tutti i Paesi entrati nell’Alleanza Atlantica dal 1990 a oggi erano parte dell’Unione Sovietica o legati a essa dal Patto di Varsavia: parliamo di Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria) e il timore da parte della Russia che l’Ucraina possa entrare a far parte del Patto atlantico: una prospettiva inaccettabile per Putin che avrebbe così gli americani sul portone di casa.






Perchè l'Ucraina è contesa: la sua storia
UN VIDEO PER CAPIRE


LA MANIFESTAZIONE DI SOLIDARIETA' AL POPOLO UCRAINO

AL LICEO LEONARDO 
del 4 Marzo 2022



con il messaggio della coordinatrice dell'evento
prof.ssa Gabriella Gullotta




video realizzato da uno studente di 3 H

















domenica 17 ottobre 2021

Il 16 ottobre del 1943.

La deportazione dal ghetto di Roma

Il 16 ottobre 1943 le SS invadono il Portico di Ottavia e catturano più di 1000 persone tra cui 200 bambini. Solo in 16 si salveranno. Ecco il racconto di quelle ore. Per non dimenticare mai

gli eventi:

Roma, 15 ottobre 1943, poco prima della mezzanotte cade una pioggia sottile sulle strade vuote. L'umidità si srotola sul selciato come un tappeto sottile e si arrampica sui muri delle case. Dietro quei muri, occhi spalancati di persone - donne, uomini, bambini - spaventate dal rumore improvviso di spari e di detonazioni. Più della paura è l'incredulità a stringere una morsa al collo degli abitanti dell'ex ghetto di Roma.

Prosegue....

https://www.repubblica.it/cultura/2021/10/15/news/anniversario_notte_ghetto_roma_cattura_ebrei-322364693/?ref=RHTP-BG-I304110180-P4-S3-T1

mercoledì 11 agosto 2021

perchè ricordare la tragedia di Marcinelle

 L'8 agosto 1956, nella miniera di carbone di Marcinelle, in Belgio, 262 minatori morirono per l'improvviso incendio divampato nei  pozzi. 136 di essi erano italiani emigrati con accordi tra il governo belga e quello italiano, manodopera nel sottosuolo in cambio di carbone.

Dopo Marcinelle la legislazione europea sul lavoro ha scritto nuove misure a tutela della sicurezza dei lavoratori, ha permesso il libero movimento delle persone all'interno dell'Unione europea.

Quest'anno ricorre il 65.mo anniversario della tragedia. Ricordarlo è per tutti un dovere morale e civile.