domenica 30 gennaio 2011

Le basi per l’unità italiana: la rivoluzione napoletana del 1799


post di Tiziana Tornabene, classe IV C

La storia però non è mai così semplice e lineare come la si racconta: la storia è un gioco dialettico di elementi probabilistici. I disastri non sono solo preceduti da disgrazie, e il successo non fiorisce soltanto da situazioni paradisiache: di più, molti elementi o circostanze possono essere definiti come «positivi» o «negativi» solo dopo che un certo risultato si sia verificato e dopo che a tale risultato non si sia dato un segno positivo o negativo

Carlo Maria Cipolla, storico


Per parlare della rivoluzione napoletana o partenopea (1799)  ho scelto due letture critiche: una contemporanea a noi (Giorgio Candeloro) e una ai fatti (Vincenzo Cuoco). Entrambe  mostrano che il movimento rivoluzionario, considerato dai più il punto di partenza del  più ampio processo di unificazione nazionale,  non nacque da un giorno all’altro ma fu il risultato di una serie di complessi avvenimenti precedenti. Risulta pertanto impossibile studiare la storia dell’unità italiana non prendendo in considerazione quello che accadde prima del  17 marzo 1861, e a Napoli in particolare. Per questo è necessario soffermarsi su queste pagine storiche che contribuirono, anche se non sempre direttamente e  con disegno consapevole, come dimostrano i due storici Cuoco e da Candeloro, a gettare le basi del processo unitario.

 
Le basi per l'unità italiana: la rivoluzione napoletana
di Tiziana Tornabene
 

venerdì 28 gennaio 2011

La testimonianza di Mario de Rito, deportato a Buchenwald

"Non ci sono paralleli con la vita nei campi di concentramento. Il suo orrore non può mai essere interamente percepito dall’immaginazione, perché rimane al di fuori della vita e della morte. Esso non può mai essere pienamente descritto, perché il superstite ritorna al mondo dei vivi che gli impedisce di credere completamente nelle sue esperienze passate. E’ come se egli avesse da raccontare la storia di un altro pianeta, perché gli internati sono simili a individui mai nati nel mondo dei vivi, dove nessuno presumibilmente dovrebbe sapere se essi sono ancora in vita o già morti. Perciò ogni parallelo crea confusione e distrae l'attenzione da quanto è essenziale. Il lavoro forzato, la proscrizione, la schiavitù sembrano tutti offrire per un attimo la base per utili raffronti, ma a un esame più accurato si rivelano troppo lontani e diversi”.
da Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt
 
 
Il professore Santo Lombino, docente di storia nel Liceo delle Scienze umane "Regina Margherita" di Palermo ci ha inviato la testimonianza di un ex deportato nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale.
Mario de Rito racconta la sua cattura dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e ricorda  i lunghi mesi della deportazione fino alla liberazione. Umanità e disperazione si intrecciano nella terribile permanenza a Buchenwald. La commozione conclusiva di Mario de Rito, il suo improvviso silenzio, ci ricordano la responsabilità di tutti nei confronti dell'uomo che abbiamo accanto, in qualunque luogo e in ogni tempo.

 "I lager sono il laboratorio dove si sperimenta la trasformazione della natura umana, e la loro infamia ruguarda tutti gli uomini, non soltanto gli internati e i guardiani. E' in gioco la natura umana in quanto tale"
 da Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt


Intervista a Mario de Rito, palermitano deportato nel lager di Buchenwald
a cura di Santo Lombino

giovedì 27 gennaio 2011

27 GENNAIO 2011: PER NON DIMENTICARE

Grazie ad una legge votata dal Parlamento italiano nel 2000 il giorno del 27 gennaio viene dedicato alla memoria delle vittime della Shoah. E' una importante occasione per tornare alla storia terribile di una persecuzione senza precedenti e senza paragoni. Per riparlarne le parole, mai così necessarie, sembrano tuttavia insufficienti, inadeguate, tanto il dramma di quegli anni sovrasta ogni percorso lineare di spiegazione, di umana comprensione.

Poichè non può esserci reale sviluppo storico senza memoria consapevole del nostro passato, vogliamo in particolare ricordare oggi due grandi studiosi di Catania che subirono, con diverse modalità ma per lo stesso disegno pianificato, la ferocia della discriminazione e della repressione fascista.

Perchè va ripetuto, ancora una volta e per sempre, che non è possibile dimenticare.

Il professore Rosario Mangiameli dedica la sua riflessione ad Azeglio Bemporad, direttore dell'Osservatorio di Astronomia dell'Università di Catania
Azeglio Bemporad




Gli studenti del Liceo Cutelli ricordano un prestigioso professore del loro istituto, Carmelo Salanitro, ucciso nella camera a gas del campo di Mauthausen il 24 aprile 1945
Carmelo Salanitro

domenica 23 gennaio 2011

Il mito perenne di Garibaldi




Lo storico e critico del cinema Sebastiano Gesù ci ha inviato un suo intervento sul "mito perenne" di Giuseppe Garibaldi.
Nessun revisionismo storico riesce infatti a scalfire l'immagine dell' eroe dei due mondi nella memoria collettiva degli italiani. La coscienza nazionale ha fatto continuamente ricorso a Garibaldi, dal Risorgimento ad oggi,  per ricordarne e confermarne, anche in circostanze diversissime tra loro, la passione politica, l'impegno generoso, la difesa di un ideale civile in grado di liberare dai lacci di una sottomissione.

Sebastiano Gesù spiega perchè, e come, il mito di Garibaldi  ha accompagnato in questi centocinquanta anni la nostra formazione civile e il nostro immaginario collettivo.





Renato Guttuso

La battaglia di Ponte Ammiraglio, 1955

Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea

giovedì 20 gennaio 2011

Tra le donne del nostro Risorgimento

post di Rosita Cipolla, classe IV C



Il periodo risorgimentale italiano è ricco di donne che, talvolta nel silenzio, hanno dato il loro contributo all’unità della nostra nazione. Tra le tante vicende che hanno suscitato il mio interesse c’è senz’altro quella relativa a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, donna straordinaria perché mise in gioco la sua vita e una posizione sociale piuttosto rilevante pur di dare una svolta alla storia italiana. La sua è un’avventura esistenziale che sembra quasi un romanzo.

Ammiro questa donna perché, oltre ad essere stata carismatica ed attiva nel sostenere la causa nazionale, fu molto disponibile e generosa nei confronti dei più poveri. La sua forte personalità fa di lei una vera e propria eroina italiana, ma anche una “femminista ante litteram” impegnata nell’abbattimento delle differenze dell’epoca legate al “sesso debole” che, come vedremo anche attraverso la sua storia, di debole ha veramente molto poco.

La straordinaria esistenza di Cristina Trivulzio di Belgiojoso




Alcuni documenti autografi di Cristina di Belgiojoso



DONNE DEL RISORGIMENTO SICILIANO

di Chiara Pennisi, classe IV C


ROSA DONATO ROSSO

CONCETTINA MUZIO SALVO

di Vanessa Garufi, classe IV C

LUCIA SALVO

di Alfio Brischetto, classe IV C

TERESA TESTA DI LANA

di  Nella Casabella, classe IV C

martedì 18 gennaio 2011

La storia siamo noi: IL TRICOLORE E L'UNITA' D'ITALIA


7 gennaio 2011:
Reggio Emilia festeggia l'anniversario della bandiera italiana alla presenza del presdiente Giorgio Napolitano
Il video de La storia siamo noi segue l'avvenimento e racconta la storia del tricolore, bandiera nazionale


lunedì 17 gennaio 2011

La conquista del suffragio universale in Italia

post di Mary
 classe 5 C

Tracciare il percorso che accompagna la conquista del  suffragio nell'Italia unita è una interessante occasione per capire l'evoluzione della nazione  e la sua trasformazione da paese liberale in paese democratico.
Ho cercato di riassumere le tappe principale in uno schema, distinguendo le tappe della conquista del suffragio maschile da quelle più specificamente riguardanti il suffragio femminile.







di Floriana Circhirillo
classe 5 C

sabato 15 gennaio 2011

IL RISORGIMENTO

L'Università LUISS mette a disposizione degli studenti una sezione dedicata al Risorgimento.
In essa è possibile consultare documenti e proposte storiografiche per approfondire percorsi tematici.


Consultazione Documenti


Le interpretazioni

•Definizioni

•Storiografia e passioni politiche

•I primi approfondimenti

•Le tesi di Gramsci

•Indagini e testi più recenti

Pagine dal libro di Alberto M. Banti:

•Il discorso nazionale

•Il dibattito politico costituzionale tra i patrioti

•Narrazioni patriottiche

Altri documenti:

•L’Italia e il Papa secondo Gioberti, 1843

•Cesare Balbo sul Federalismo, 1844

•Dalla Costituzione della Repubblica Romana, 1849



 

venerdì 14 gennaio 2011

LA MOSTRA DI TORINO

Fare gli Italiani. 150 anni di storia nazionale

« Pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gli italiani. » (Massimo d'Azeglio)




Officine Grandi Riparazioni          Corso Castelfidardo 22, Torino

Periodo di apertura: 
dal 17 marzo al 20 novembre 2011



Segnaliamo a tutti l'allestimento multimediale dedicato alla storia dell’Italia dall’Unità nazionale a oggi: non una successione di avvenimenti, ma una storia di persone. I protagonisti sono gli Italiani, considerati nella loro diversità e raccontati in tutte quelle fasi che li hanno visti unirsi in un sentimento di comune appartenenza. Queste tappe fanno parte di un percorso lungo 150 anni durante il quale “siamo diventati italiani”.
Per raccontare questo secolo e mezzo di storia unitaria in modo critico, la mostra mette in scena i principali elementi che hanno tenuto insieme gli Italiani e i fattori che, viceversa, hanno mantenuto o alimentato divisioni, rappresentandoli attraverso una pluralità di narrazioni e di linguaggi. L’allestimento multimediale, creativo e tecnologico invita il visitatore a scegliere i propri percorsi e ad esplorarli in modo interattivo, lungo due direttrici che corrono parallele. La prima è il filo cronologico, una sequenza di date che richiamano gli avvenimenti più importanti della storia italiana e accompagnano l’intera mostra. La seconda è costituita da tredici “isole tematiche”, dedicate ai fenomeni che maggiormente hanno influito sul profilo degli Italiani: Italia delle città, campagne, scuola, chiesa, migrazioni, Prima Guerra Mondiale, Seconda Guerra Mondiale, partecipazione politica, mafie, fabbriche, consumi, trasporti, mezzi di comunicazione di massa.

Fare gli italiani, in questo periodo segnato da profondi cambiamenti e ricerche identitarie, rimane, nonostante centocinquanta anni di vita unitaria, il compito più arduo da affrontare ma anche la reale scommessa per il nostro futuro.



giovedì 6 gennaio 2011

Iniziamo dai simboli:

IL TRICOLORE  ITALIANO

 

post di Paola Di Mauro, classe IV C




PRESIDENTE [Ruini] - Pongo ai voti la nuova formula proposta dalla Commissione: "La bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali dimensioni". (E' approvata. L'Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi. Vivissimi, generali, prolungati applausi.)

dal verbale dell’Assemblea Costituente del 24 marzo 1947




«La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni»

art. 12 della Costituzione italiana



La nostra bandiera è stata dunque riconosciuta all’unanimità dall’Assemblea Costituente ed è tutelata dalla Costituzione.

Ma quando e come è nato il tricolore?

Alcuni ritengono che le origini del tricolore italiano risalgano ai guelfi: il tricolore deriverebbe dal loro stendardo, che era una bandiera bianca con l'aquila rossa che afferra il drago verde. Simboleggia la vittoria definitiva dello schieramento guelfo sui ghibellini, e darebbe origine al tricolore bianco, rosso e verde, segno di appartenenza alla tradizione cattolica italiana.

E’ storicamente confermato che la bandiera italiana, con le tre fasce verticali, si ispira a quella francese della rivoluzione: il blu del vessillo francese fu sostituito dal verde forse in relazione ai colori delle divise della Guardia Nazionale milanese. I vessilli reggimentali della Legione Lombarda presentavano, appunto, i colori bianco, rosso e verde, fortemente radicati nel patrimonio collettivo di quella regione: il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell'antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1782, le uniformi della Guardia civica milanese. Gli stessi colori, poi, furono adottati anche negli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati delle terre dell'Emilia e della Romagna, e fu probabilmente questo il motivo che spinse la Repubblica Cispadana del 1797 a confermarli nella propria bandiera. Al centro della fascia bianca, lo stemma della Repubblica, un turcasso contenente quattro frecce, circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi.

Per leggere tutta la storia del tricolore e vedere le diverse versioni della bandiera dal 1797 alla nascita della Repubblica si possono consultare:

 il sito del Quirinale


e quello del Museo del Tricolore


La scelta dei tre colori

Nonostante l’origine dei colori della bandiera italiana abbia radici storiche riconosciute e confermate dai tempi e dai luoghi in cui il vessillo è stato inizialmente utilizzato, varie sono state le versioni in merito consegnate da poeti ed artisti.

Ecco alcune proposte:

• Secondo una un’antica poesia il verde della bandiera simboleggia i nostri prati, il bianco le nevi perenni delle Alpi, e il rosso è un omaggio ai soldati che sono morti nelle tante guerre.
e ancora….

• « Sii benedetta! benedetta nell'immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre, nei secoli! Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all'Etna;

le nevi delle alpi,

l'aprile delle valli,

le fiamme dei vulcani.

E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si augusta:

il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l'anima nella costanza dei savi;

il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de' poeti;

il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi.

E subito il popolo cantò alla sua bandiera ch'ella era la più bella di tutte e che sempre voleva lei e con lei la libertà! »
Giosuè Carducci




Infine, l’invito rivolto a tutti gli italiani dal presidente Ciampi, oggi senatore a vita


« Non è un caso che i Padri Costituenti, come simbolo di questo insieme di valori fondamentali, all'articolo 12, indicarono il tricolore italiano.

Il tricolore non è semplice insegna di Stato. È un vessillo di libertà, di una libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della propria storia e della propria civiltà.

Per questo, adoperiamoci perché in ogni famiglia, in ogni casa ci sia un tricolore a testimoniare i sentimenti che ci uniscono fin dai giorni del glorioso Risorgimento. »

(Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana dal 1999 al 2006, Intervento alla cerimonia ai Complessi Monumentali di San Martino della Battaglia e di Solferino in occasione del Giorno dell'Unità Nazionale e Festa delle Forze Armate, il 4 novembre 2001)







 RAI 150 ANNI: LA STORIA DEL TRICOLORE

martedì 4 gennaio 2011

Alcuni volontari della riviera ionica tra i Mille di Garibaldi

post di Francy

Era la mattina dell' 11 maggio 1860 e i 1162 volontari in camicia rossa guidati da Giuseppe Garibaldi davano inizio alla spedizione trionfale che avrebbe portato all'Unità d'Italia.

Antonino Caminiti, Vincenzo Russo, Santi Storiale, Giovanni Cammaroto, Salvatore Gregorio, Santi Spadaro,Carmelo Donsì, Pietro Longo, Antonio Saitta, Emanuele Saitta, Francesco Caminiti, Giuseppe Caminiti, sono solo alcuni nomi dei volontari della Riviera Ionica, che al comando di Luciano Crisafulli di Casalvecchio Siculo e di Giovanni Interdonato di Nizza di Sicilia, si aggregarono ai Mille di Garibaldi per scacciare l'esercito Borbonico dalla Sicilia.
Possiamo risalire alle motivazioni e alle modalità della loro partecipazione grazie alle testimonianze dei loro discendenti e al supporto documentario.



domenica 2 gennaio 2011

1949-2010: il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica

Dal  1949 il giorno del 31 dicembre degli italiani si conclude con il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica. In esso sono contenute le preoccupazioni che hanno accompagnato l'Italia dell'anno che sta per chiudersi e le speranze per il nuovo anno ormai alle porte. Leggere ed ascoltare questi messaggi è una interessante occasione per ripercorrere l'evoluzione della storia repubblicana attraverso l'analisi e l'impegno del Capo dello Stato.

Le parole di una Repubblica

Il messaggio di fine anno dei dieci Presidenti della Repubblica:
(da Repubblica.it)

Einaudi
Gronchi
Segni
Saragat
Leone
Pertini
Cossiga
Scalfaro
Ciampi
Napolitano