Lo storico e critico del cinema Sebastiano Gesù ci ha inviato un suo intervento sul "mito perenne" di Giuseppe Garibaldi.
Nessun revisionismo storico riesce infatti a scalfire l'immagine dell' eroe dei due mondi nella memoria collettiva degli italiani. La coscienza nazionale ha fatto continuamente ricorso a Garibaldi, dal Risorgimento ad oggi, per ricordarne e confermarne, anche in circostanze diversissime tra loro, la passione politica, l'impegno generoso, la difesa di un ideale civile in grado di liberare dai lacci di una sottomissione.
Sebastiano Gesù spiega perchè, e come, il mito di Garibaldi ha accompagnato in questi centocinquanta anni la nostra formazione civile e il nostro immaginario collettivo.
Renato Guttuso
La battaglia di Ponte Ammiraglio, 1955
Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
Scrive lo storico Mario Isneghi in "Garibaldi fu ferito" (Donzelli 2007): "Politica e storia si configurano ormai come un cimitero di illusioni deluse e di cause omicide. Miti ed eroi
RispondiEliminasembrano poi offendere il nostro saputo spirito di posteri. Se questo è l’approccio, tutt’al più riusciremo a rimetterci in sintonia con il pragmatismo e l’abilità diplomatica di un Cavour, ma Garibaldi e Mazzini non
potranno apparirci che degli alieni. E però, senza Mazzini e Garibaldi, e le due generazioni di giovani da loro interpretate e guidate, che possibilità rimarrebbe di capire qualcosa del Risorgimento?" Commenta Michele Finelli su Storia e futuro :“Dir bene di Garibaldi”, più che rappresentare una difesa del Generale, rappresenta
una valorizzazione di tutto il Risorgimento e dell’importante patrimonio ideale e culturale lasciato
da Garibaldi e Mazzini. Molti ignorano con troppa facilità che è stato grazie all’associazionismo
garibaldino e mazziniano che i ceti popolari, specialmente quelli urbani, hanno retto l’urto del
processo unitario, trovando nelle Società di mutuo soccorso e nelle Associazioni dei reduci le prime
forme di protezione economica contro gli infortuni, tutela legale e scuole serali. La tradizione
garibaldina, cui Isnenghi dedica un capitolo, al di là della retorica, è nata anche per tenere insieme
questo sistema di valori. Stesso discorso vale per la monumentalistica, alla quale Isnenghi ha
dedicato in passato studi fondamentali. Specialmente a livello locale, infatti, le lapidi e i monumenti
dedicati a Garibaldi non nascevano nella logica della “diarchia di bronzo” che nelle piazze italiane
riproponeva incessantemente l’incontro di Teano, ma venivano affisse su iniziativa di artigiani,
operai, gruppi dirigenti democratici che a livello locale volevano scrivere una storia del
Risorgimento diversa da quella “ufficiale”. Il Risorgimento dunque, merita ancora di essere
studiato. Per il suo valore fondativo e per evitare che venga trasformato, assieme a Garibaldi e
Mazzini, in un “anti-mito”.
www.storiaefuturo.com/pdf/1130.pdf
Un nuovo commento sul testo di Isneghi "Garibaldi fu ferito. Il mito, le favole", Donzelli 2010 si trova su
RispondiEliminawww.storiaefuturo.com/it/numero_24/scaffale/4_~1373.html