post di Tiziana Tornabene, classe IV C
La storia però non è mai così semplice e lineare come la si racconta: la storia è un gioco dialettico di elementi probabilistici. I disastri non sono solo preceduti da disgrazie, e il successo non fiorisce soltanto da situazioni paradisiache: di più, molti elementi o circostanze possono essere definiti come «positivi» o «negativi» solo dopo che un certo risultato si sia verificato e dopo che a tale risultato non si sia dato un segno positivo o negativo
Carlo Maria Cipolla, storico
Per parlare della rivoluzione napoletana o partenopea (1799) ho scelto due letture critiche: una contemporanea a noi (Giorgio Candeloro) e una ai fatti (Vincenzo Cuoco). Entrambe mostrano che il movimento rivoluzionario, considerato dai più il punto di partenza del più ampio processo di unificazione nazionale, non nacque da un giorno all’altro ma fu il risultato di una serie di complessi avvenimenti precedenti. Risulta pertanto impossibile studiare la storia dell’unità italiana non prendendo in considerazione quello che accadde prima del 17 marzo 1861, e a Napoli in particolare. Per questo è necessario soffermarsi su queste pagine storiche che contribuirono, anche se non sempre direttamente e con disegno consapevole, come dimostrano i due storici Cuoco e da Candeloro, a gettare le basi del processo unitario.
Le basi per l'unità italiana: la rivoluzione napoletanadi Tiziana Tornabene
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