mercoledì 27 febbraio 2019

la nuova legge su protezione internazionale, immigrazione e sicurezza


dal Sito del Ministero dell'Interno, 18 febbraio 2019


"Entra in vigore oggi  il decreto legge su Sicurezza e Immigrazione (dl 4 ottobre 2018, n.113, “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonchè misure per la funzionalità del ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”).
Il provvedimento, pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale (Serie generale, n.231/2018), introduce una serie di novità in materia di immigrazione e protezione internazionale, di sicurezza pubblica e di prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa.
In particolare, il decreto prevede misure per contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale, garantendo l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione; inoltre, il decreto disciplina i casi speciali di permesso di soggiorno temporaneo per esigenze di carattere umanitario[...]"



Molti di noi, ancora perplessi, nel migliore dei casi,  sulle politiche adottate dal Governo in materia di immigrazione e accoglienza richiedenti asilo, possono adesso leggere per esteso il

Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132 (in G.U. 03/12/2018, n. 281)

Da cui proviene la nuova legge "in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica"

Nel sito del Ministero dell' Interno viene proposta una sezione comprendente le FAQ, sezione importante da leggere per comprendere lo spirito e gli obiettivi dell'attuale governo in carica


Il sito governativo pubblica inoltre, mosso dallo scopo di rassicurare tutti sul fatto che gli sbarchi sono in netta diminuzione (sarebbe dunque aumentata la nostra sicurezza....),
un "cruscotto di dati ufficiali"


DAL 2017 AL 2019

Diversamente dall’allarmismo che percuote il senso comune – complice una Politica che, in perenne campagna elettorale, usa queste povere vittime come capo espiatorio e come “pedine nelle mani dei potenti”- calano i numeri di migranti che approdano nei porti Italiani. Occorre, infatti, saper scindere tra i fatti veri e comprovati dai numeri e ciò che gli altri ci vogliono far pensare.
Dai dati del Viminale si registrano quasi 20mila arrivi di migranti, la maggior parte dei quali tunisi ed eritrei, nel 2018, ben l’80% in meno rispetto al 2017. Nello stesso periodo dell’anno precedente, infatti, erano giunte via mare ben 98.316 persone. Dei quasi 20mila sbarcati, 12.322 sono partiti dalla Libia, con una flessione dell’87% rispetto al periodo 1 gennaio-20 agosto 2017. Nel mese di agosto si contano finora 1.215 persone sbarcate. 
Sono i porti siciliani quelli che hanno fatto registrare il maggior numero di sbarchi: da Pozzallo (3.554) a Catania (2.961), da Augusta (2.478) a Messina (2.394), da Lampedusa (1.797) a Trapani (1.633). Ma ci sono stati anche arrivi in Calabria (un migliaio tra Reggio Calabria e Crotone), in Sardegna (162 a Cagliari) ed in Puglia (174 a Brindisi). Tra le nazioni di provenienza degli immigrati in testa ci sono i tunisini (3.718), seguiti da eritrei (2.897), sudanesi (1.595), nigeriani (1.248), pakistani (1.237), iracheni (1.150) e ivoriani (1.047). I minori non accompagnati giunti quest’anno in Italia sono 3.051, dato in forte calo rispetto allo scorso anno, quando erano stati 15.579 da gennaio a dicembre. (fonte strettoweb)


ALTRI DETTAGLI E RIFERIMENTI NORMATIVI SULLA MATERIA POSSONO ESSERE TROVATI NEL SITO SPECIFICO





Ogni confronto sulla questione credo che oggi debba partire proprio da questi documenti, sottolineando sempre che

note e precisazioni da Pearson.it

2) I NUMERI DEGLI SBARCHI
www.today

inoltre

PER UNA VALUTAZIONE STORICA DEL PROCESSO MIGRATORIO TRA CINQUECENTO E SEICENTO 

RIPROPONIAMO UN INTERESSANTE ARTICOLO DI ADRIANO PROSPERI:


giusto per non dimenticare l'importanza della conoscenza storica 
nelle scelte politiche, economiche e sociali

di Rosa Sciuto e Davide Arcidiacono




lunedì 18 febbraio 2019

Umanesimo e Rinascimento



 «… l’uomo, sopraffatto per secoli dall’ansia di un mondo ultraterreno, che incombe su di lui, assorbito nella comunità cittadina, scopre i valori umani, la gioia, la bellezza, la libertà, che riconosce nelle espressioni della grande civiltà del passato: la quale perciò appunto diventa il segno delle sue aspirazioni e la nuova vita della sua vita».

Federigo Enriques




Acquista cosa nella tua gioventù che ristori il danno della tua vecchiezza
E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, 
adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento

Leonardo da Vinci


homo faber fortunae suae
L’ideale di uomo che viene elaborato nel primo Umanesimo fiorentino, detto umanesimo civile, è quello di un uomo fatto di corpo e anima.
Questo ideale non è anti-religioso, anzi il più delle volte gli umanisti hanno una visione cristiana della vita, ma essi rifiutano le componenti ascetiche, il disprezzo della vita terrena, il dominio del giudizio divino sull’uomo del cristianesimo medievale.
L’uomo “artefice della propria fortuna” è un uomo impegnato a soddisfare i suoi bisogni materiali senza sensi di colpa, a ricercare la felicità terrena, a conoscere il mondo in modo razionale, libero da pregiudizi, impegnato nella vita pubblica del suo tempo, utile agli altri uomini.



di Gaetano Grasso, 3 A

domenica 17 febbraio 2019

Norberto Bobbio e i principi costituzionali




Quando il 27 dicembre 1947 il Presidente Enrico De Nicola promulgò la Costituzione della Repubblica risultò imminente il sopraggiungere di una serie di cambiamenti che nel corso degli anni avrebbero mutato la storia politica e civile dell’Italia. Lasciati alle spalle, ma pur sempre vivi nella mente, i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale intrecciati di distruzioni e occupazioni straniere gli italiani ripartirono dal desiderio di donare alla “propria” Italia libera un ordinamento istituzionale stabile. Scegliendo come punti di riferimento le grandi costituzioni moderne i costituenti realizzarono un iter teorico capace di mettere in risalto il rapporto tra il singolo individuo e la società fino ad abbracciare relazioni più strutturate e complesse.

Da ciò prese forma una Costituzione volta a garantire ogni forma di libertà e a combattere l’uso antidemocratico del potere. Ben nota è la divisione del testo costituzionale nelle sue tre parti. I Primi Dodici Articoli sottolineano il principio della sovranità popolare; nella parte riservata ai diritti civili e politici si specifica come la libertà degli uomini sia un diritto inviolabile; mentre la sezione dei “principi fondamentali”, che è incentrata sull’organizzazione dello Stato tratta del potere legislativo, esecutivo, giudiziario, della figura del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale e delle Regioni. Riguardo ai principi essenziali della Costituzione Norberto Bobbio espresse interessanti considerazioni specificando come la suddetta fosse costituita e rappresentata da quattro “idee cardinali” quali l’idea liberale, democratica, quella socialista e l’idea del cristianesimo sociale.

L’idea fondamentale del liberalismo, spiegava Bobbio, è che all’individuo appartiene un valore assoluto, indipendentemente dalla società e dallo Stato di cui fa parte; pertanto lo Stato è il prodotto di un libero accordo tra gli individui che mirano ad eliminare il più possibile gli abusi di potere e a garantire la libertà dei cittadini dall’ingerenza dei pubblici poteri. I limiti imposti al potere dello Stato derivano da due tipiche istituzioni quali: il riconoscimento dei diritti naturali dell’individuo, anteriori al sorgere dello Stato, e l’organizzazione delle funzioni principali dello Stato, in modo che esse non vengano esercitate dalla stessa persona o dal medesimo organo.

L’idea democratica a differenza del liberalismo, che prende le mosse dalla libertà individuale, si fonda sull’uguaglianza, secondo la quale il potere deve appartenere non ad uno solo o a pochi, ma a tutti i cittadini. Secondo la teoria democratica, infatti, la sovranità, cioè il potere di dettar leggi e di farle eseguire, risiede nella collettività. Quindi mentre il liberalismo tende a proteggere i diritti civili, come la libertà di pensiero e di stampa, la dottrina democratica sostiene la difesa dei diritti politici che trovano espressione nel diritto di partecipare direttamente o indirettamente alla gestione della cosa pubblica.

Come l’idea democratica anche il principio socialista muove da una aspirazione egualitaria ma reputa formale l’eguaglianza politica e giuridica promossa dalla prima. L’ordine, ad avviso del socialismo infatti, si ottiene combattendo la disuguaglianza politica ed economica, come ad esempio, attraverso l’abolizione della proprietà individuale e l’instaurazione di un regime sociale fondato sulla proprietà collettiva. Quando ormai la diatriba tra le idee liberali e quelle socialiste era divampata prese corpo, verso la metà del secolo scorso, una nuova dottrina politica e sociale: la dottrina sociale della Chiesa cattolica, più nota col nome di Cristianesimo Sociale. Considerando la proprietà come un diritto naturale, la dottrina del cristianesimo ne reclama una più ampia diffusione. Di fronte all’obiezione dei socialisti, però, per i quali la proprietà individuale è fonte di discordia, il cristianesimo sociale risponde distinguendo il diritto di proprietà, che è privato, dall’uso di essa, che è invece sociale.

domenica 10 febbraio 2019

la tragedia delle foibe





Settembre 1943 – Febbraio 1947: il calvario degli italiani di Istria e Dalmazia, uccisi a migliaia dalle truppe comuniste di Tito nelle cavità carsiche: le foibe.


Comincia tutto all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre: la penisola istriana finisce sotto il controllo del Movimento di Liberazione jugoslavo guidato da Tito.

In un mese le foibe si riempiono dei corpi di almeno 500 italiani. Diventeranno alcune migliaia al termine della seconda guerra mondiale, quando gli jugoslavi occupano la Venezia Giulia e cominciano le deportazioni. Nel 1947, poi, il Trattato di Pace di Parigi impone il passaggio di Zara, Fiume e di gran parte dell’Istria alla Jugoslavia. È l’inizio di un esodo doloroso per circa 300 mila italiani.
Su tutto, però, cala il silenzio. Fino agli anni ’90, con la caduta del Muro di Berlino e la crisi jugoslava. 

Dal 10 febbraio del 2005 ( legge n. 92 del 30 marzo 2004 )  il Parlamento italiano 
ha dedicato Il Giorno del Ricordo  ai morti nelle foibe e agli esuli istriani.

 Inizia  l'elaborazione di una delle pagine più angoscianti della nostra storia.


Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo, spesso nascoste dalla vegetazione.

È in quelle voragini dell'Istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, circa 5000 italiani.

La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano 'nemici del popolo'. 

Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l'istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. 


Per quasi cinquant'anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta 'perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per molto tempo". 





esodo e infoibamenti
la tragedia istriana


video Rai, 3'



con molti video

storia della Iugoslavia e dei Balcani


le regole della democrazia



"Premetto che l’unico modo d’intendersi quando si parla di democrazia, in quanto contrapposta a tutte le forme di governo autocratico, è di considerarla caratterizzata da un insieme di regole (primarie o fondamentali) che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure. Ogni gruppo sociale ha bisogno di prendere decisioni vincolanti per tutti i membri del gruppo allo scopo di provvedere alla propria sopravvivenza sia all’interno sia all’esterno. Ma anche le decisioni di gruppo vengono prese da individui (il gruppo come tale non decide). Quindi, affinché una decisione presa da individui (uno, pochi, molti, tutti) possa essere accettata come una decisione collettiva occorre venga presa in base a regole (non importa se scritte o consuetudinarie) che stabiliscano quali sono gl’individui autorizzati a prendere le decisioni vincolanti per tutti i membri del gruppo, e in base a quali procedure. [...]

 Peraltro, anche per una definizione minima di democrazia, com’è quella che accolgo, non basta né l’attribuzione del diritto di partecipare direttamente o indirettamente alla presa di decisioni collettive a un numero molto alto di cittadini né l’esistenza di regole di procedura come quella di maggioranza (o al limite di unanimità). Occorre una terza condizione: occorre che coloro che sono chiamati a decidere o a eleggere coloro che dovranno decidere siano posti di fronte ad alternative reali e siano messi in condizione di poter scegliere tra l’una e l’altra. 
Affinché si realizzi questa condizione occorre che ai chiamati a decidere siano garantiti i cosiddetti diritti di libertà, di opinione, di espressione della propria opinione, di riunione, di associazione ecc., i diritti sulla base dei quali è nato lo Stato liberale ed è stata costruita la dottrina dello Stato di diritto in senso forte, cioè dello Stato che non solo esercita il potere sub lege, ma lo esercita entro i limiti derivati dal riconoscimento costituzionale dei diritti cosiddetti «inviolabili» dell’individuo. Quale che sia il fondamento filosofico di questi diritti, essi sono il presupposto necessario per il corretto funzionamento degli stessi meccanismi prevalentemente procedurali che caratterizzano un regime democratico. Le norme costituzionali che attribuiscono questi diritti non sono propriamente regole del gioco: sono regole preliminari che permettono lo svolgimento del gioco.

Dal che segue che lo Stato liberale è il presupposto non solo storico ma giuridico dello Stato democratico. Stato liberale e Stato democratico sono interdipendenti in due modi: nella direzione che va dal liberalismo alla democrazia nel senso che occorrono certe libertà per l’esercizio corretto del potere democratico, e nella direzione opposta che va dalla democrazia al liberalismo nel senso che occorre il potere democratico per garantire l’esistenza e la persistenza delle libertà fondamentali. In altre parole: è poco probabile che uno Stato non liberale possa assicurare un corretto funzionamento della democrazia, e d’altra parte è poco probabile che uno Stato non democratico sia in grado di garantire le libertà fondamentali. La prova storica di questa interdipendenza sta nel fatto che Stato liberale e Stato democratico, quando cadono, cadono insieme[...]

  N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Torino, Einaudi, 1984, § 2, pp. 4-7; § 14, pp. 27-28


ma , date le regole, su quali ideali si fonda la democrazia?

leggi qui tutto il testo di Norberto Bobbio
con esercizi per la riflessione

e anche

 ALEXIS DE TOCQUEVILLE
LA DEMOCRAZIA IN AMERICA
Libertà individuale e potere democratico
esercizio: spiega in 10 righe perchè è preferibile per l'autore
la democrazia



DEMOCRAZIA, LIBERALISMO, SOCIALISMO
una scheda per capire

mercoledì 6 febbraio 2019

Il Liceo Leonardo adotta un monumento per l' AMA




Il nostro Liceo da quest'anno ha ufficialmente "adottato" il Museo Etneo delle Migrazioni, impegnandosi a promuoverne lo sviluppo, la conoscenza, la fruizione.

Un risultato importante, una responsabilità da condividere, un impegno da rispettare

Adesso sarà possibile individuare il Museo nella rete dei monumenti nazionali creata 

dall'AMA (Atlante Monumenti Adottati)

aiutateci a promuoverlo per le visite, non solo scolastiche 


domenica 3 febbraio 2019

l'età napoleonica, una cronologia

Roberta Di Mauro, classe 4 C 

propone una mappa cronologica,
 utile per rivedere tutte le tappe dell'età napoleonica