"Premetto che l’unico modo d’intendersi quando si parla di democrazia, in quanto
contrapposta a tutte le forme di governo autocratico, è di considerarla caratterizzata da un insieme di regole (primarie o fondamentali) che stabiliscono chi è
autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure. Ogni gruppo
sociale ha bisogno di prendere decisioni vincolanti per tutti i membri del gruppo
allo scopo di provvedere alla propria sopravvivenza sia all’interno sia all’esterno.
Ma anche le decisioni di gruppo vengono prese da individui (il gruppo come tale
non decide). Quindi, affinché una decisione presa da individui (uno, pochi, molti,
tutti) possa essere accettata come una decisione collettiva occorre venga presa
in base a regole (non importa se scritte o consuetudinarie) che stabiliscano quali
sono gl’individui autorizzati a prendere le decisioni vincolanti per tutti i membri
del gruppo, e in base a quali procedure. [...]
Peraltro, anche per una definizione minima di democrazia, com’è quella che
accolgo, non basta né l’attribuzione del diritto di partecipare direttamente o indirettamente alla presa di decisioni collettive a un numero molto alto di cittadini
né l’esistenza di regole di procedura come quella di maggioranza (o al limite di
unanimità). Occorre una terza condizione: occorre che coloro che sono chiamati
a decidere o a eleggere coloro che dovranno decidere siano posti di fronte ad
alternative reali e siano messi in condizione di poter scegliere tra l’una e l’altra.
Affinché si realizzi questa condizione occorre che ai chiamati a decidere siano
garantiti i cosiddetti diritti di libertà, di opinione, di espressione della propria
opinione, di riunione, di associazione ecc., i diritti sulla base dei quali è nato lo
Stato liberale ed è stata costruita la dottrina dello Stato di diritto in senso forte,
cioè dello Stato che non solo esercita il potere sub lege, ma lo esercita entro i
limiti derivati dal riconoscimento costituzionale dei diritti cosiddetti «inviolabili»
dell’individuo. Quale che sia il fondamento filosofico di questi diritti, essi sono
il presupposto necessario per il corretto funzionamento degli stessi meccanismi
prevalentemente procedurali che caratterizzano un regime democratico. Le norme
costituzionali che attribuiscono questi diritti non sono propriamente regole del
gioco: sono regole preliminari che permettono lo svolgimento del gioco.
Dal che segue che lo Stato liberale è il presupposto non solo storico ma giuridico
dello Stato democratico. Stato liberale e Stato democratico sono interdipendenti
in due modi: nella direzione che va dal liberalismo alla democrazia nel senso che
occorrono certe libertà per l’esercizio corretto del potere democratico, e nella
direzione opposta che va dalla democrazia al liberalismo nel senso che occorre
il potere democratico per garantire l’esistenza e la persistenza delle libertà fondamentali. In altre parole: è poco probabile che uno Stato non liberale possa assicurare un corretto funzionamento della democrazia, e d’altra parte è poco probabile
che uno Stato non democratico sia in grado di garantire le libertà fondamentali.
La prova storica di questa interdipendenza sta nel fatto che Stato liberale e Stato
democratico, quando cadono, cadono insieme[...]
N. Bobbio, Il futuro
della democrazia,
Torino, Einaudi, 1984,
§ 2, pp. 4-7; § 14,
pp. 27-28
ma , date le regole, su quali ideali si fonda la democrazia?
leggi qui tutto il testo di Norberto Bobbio
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