sabato 22 ottobre 2016

60 ANNI fa in Ungheria


Il 23 ottobre 1956 scoppiava la rivoluzione ungherese contro la presenza sovietica. 

Iniziò con una pacifica manifestazione di studenti e si trasformò in breve in una insurrezione contro la dittatura di Mátyás Rákosi. Milioni di ungheresi si unirono alla rivolta che, improvvisamente, il 4 novembre venne violentemente repressa dall'Armata Rossa per terminare una settimana dopo. 

Morirono circa 2.700 ungheresi e 720 soldati sovietici, migliaia i feriti e circa 250mila (il 3% della popolazione) furono gli ungheresi che lasciarono il proprio Paese rifugiandosi in Occidente. 

Nelle immagini dell'Archivio Luce le testimonianze e le reazioni nei giorni a ridosso della rivolta, inizialmente vittoriosa per il popolo magiaro: "L'intera Ungheria si batte per riconquistare la propria dignità di nazione"


(La Settimana Incom, 1 novembre 1956)


Il Novecento: secolo breve o epoca lunga?


venerdì 21 ottobre 2016

28 luglio 1914: è guerra


la notizia dell'attentato



le due alleanze e le tensioni


le nazioni in guerra






mercoledì 12 ottobre 2016

IL FAI A RIPOSTO



Il gruppo FAI di Giarre-Riposto, con il patrocinio del Comune di Riposto, 
organizza il seguente evento

STORIA, TEMPO E MEMORIA
Il lungomare di Riposto

Lungo il percorso potranno essere visitati i seguenti siti:

1) Santuario Madonna della Sacra Lettera
2) P.zza del Commercio
3) Mercato Ittico
4) Istituto Tecnico Nautico
5) Casa Mastrazzi
6) Il Porto vecchio di Riposto
7) Gli orologi solari

Domenica 16 ottobre 2016 ore 16:00 / 18:00

venerdì 7 ottobre 2016

dati emigrazione italiana 2016






Nei dati del rapporto 'Italiani nel mondo 2016' redatto dalla Fondazione Migrantes e presentato oggi, fanno irruzione i giovani che erano appena nati o adolescenti allo scoccare del Duemila. Oggi che hanno tra i 18 e i 32 anni si trovano protagonisti dei nuovi flussi migratori. Ma a differenza della generazione precedente rivendicano che non è una fuga ma "una scelta per coltivare ambizioni e nutrire curiosità".

Di certo, la fascia anagrafica che va tra la maggiore età e i 34 anni è quella che è più soggetta all'emigrazione. Raccoglie infatti oltre un terzo degli italiani residenti all'estero ed è quella in cui si registra il picco di partenze anche nel 2015. E a seguire, nella graduatoria di chi è emigrato nell'ultimo anno, c'è la fascia appena superiore, che arriva ai 49 anni: sommandole, si scopre che le persone maggiorenni con meno di 50 anni costituiscono la metà degli italiani che hanno portato la residenza oltre confine da gennaio a dicembre 2015. “Il grave problema dell'Italia di oggi è proprio l'incapacità di evitare il depauperamento dei giovani e più preparati a favore di altri Paesi”, commenta la Fondazione Migrantes nella premessa del rapporto.
UN ITALIANO SU 12 VIVE ALL'ESTERO
In totale, il conteggio dei connazionali residenti all'estero ha raggiunto al 31 dicembre 2015 quota 4.811.163 (in dieci anni la mobilità italiana è aumentata del 54,9%), un dato che rispetto all'anno precedente è più alto del 3,7 per cento. Significa che poco più di un italiano su 12 è emigrato. E il 50 per cento di questa diaspora ha origini meridionali: ci sono comuni come Licata e Favara, entrambi in Sicilia, nei quali più del 40 per cento dei cittadini è ormai residente all'estero. Nell'ultimo anno, 107.529 italiani hanno lasciato il Paese, diecimila in più rispetto all'anno prima. Aumenta poi la percentuale di chi parte per non tornare: il saldo migratorio tra chi rimpatria e chi parte, che era rimasto quasi costante nel primo decennio del millennio, sta subendo una brusca virata in negativo.

I MILLENNIALS
Proprio i millennials segnano una novità: “La loro mobilità – fa rilevare il rapporto Migrantes – è in itinere e può modificarsi continuamente perché non si basa su un progetto migratorio già determinato ma su opportunità lavorative sempre nuove”. I millennials, sottolinea la fondazione che fa capo ai vescovi italiani, “cercano di mettersi alla prova, hanno voglia di nuove e migliori condizioni lavorative, puntano a conoscere e scoprire”. Sono, insomma, la “prima generazione mobile”. E il 43 per cento di loro afferma di considerare questo status come “unica opportunità di realizzazione”.


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