mercoledì 25 novembre 2015

sul bicentenario del Comune di Giarre


  

LUNEDì 23 Novembre, nell'aula consiliare del 
Municipio di Giarre,
si è tenuta una cerimonia istituzionale 
in memoria di quattro 
personalità illustri native della città jonica 
e di riferimento per 
il panorama culturale nazionale:
il poeta e patriota Giuseppe 
Macherione (1840-1861),
il filosofo Michele Federico 
Sciacca (1908-1975),
il giornalista Alfio Russo (1902-1976),
lo storico e politico Rosario 
Romeo (1924-1987). 

Alla fine della cerimonia, 
gli studenti dei quattro istituti scolastici presenti 
hanno
deposto una corona di alloro nelle abitazioni 
degli illustri giarresi ricordati.

La  rappresentanza del Liceo Leonardo 
si è recata presso la casa natale dello storico

Rosario Romeo

martedì 3 novembre 2015

Il Settecento, età di rivoluzioni





DEMOGRAFICA

AGRICOLA



INDUSTRIALE

caratteri, fasi, conseguenze

di Debora Spataro 4 C


....E COMMERCIALE



La cosiddetta rotta triangolare veniva utilizzata principalmente per la tratta degli schiavi.
Prende il nome dalle tre rotte marine che, prese insieme, formavano un triangolo commerciale molto florido tra il 1500 e il 1800
Seguendo la prima rotta i mercanti europei ( da Portogallo, Spagna, Francia, Olanda, Inghilterra) portavano in Africa manufatti di vario genere
(pentole, padelle, cavalli, alcolici, pistole)
che vendevano in cambio di uomini.

Da qui, Senegal ed Angola soprattutto, le navi cariche di schiavi partivano dirette in America. Il viaggio poteva durare dalle 6 alle 8 settimane a seconda delle condizioni del mare. 

Una volta giunti in America gli schiavi, o almeno quelli che erano sopravvissuti alle terribili condizioni cui erano stati costretti durante la traversata, venivano venduti ai proprietari terrieri per lavorare nelle loro piantagioni

Dall'America le navi ripartivano alla volta dell'Europa cariche di zucchero, caffè, tabacco, cotone per essere immesse direttamente sul mercato o venir lavorate dalle industrie europee.


LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE






per riflettere:

 LA DIVISIONE DEL LAVORO: due opposte visioni

rispondi in un testo di dieci righe:

Quali vantaggi attribuisce Adam Smith alla divisione del lavoro nella catena di montaggio?
Cosa mette in rilievo il lavoratore nel secondo testo?

A quale conclusione possono condurre i due testi messi a confronto?


L'ASCESA DEI ROBOT: UN NUOVO LUDDISMO?


LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
presentiamo il processo

sabato 31 ottobre 2015

Federico II, stupor mundi




La sua figura rimane una delle più importanti della storia, e a lui si deve il merito di aver riunito le culture di tre civiltà: normanna, araba e greco-latina. 

Nipote di Federico Barbarossa ebbe nel Regno di Sicilia il fulcro dei suoi interessi artistici e culturali. Amò la Puglia ricca di monumenti, campi fertili, boschi, che arricchì con numerose dimore imperiali e castelli. 

Fondò l'Università di Napoli e la famosa scuola poetica siciliana d'ispirazione provenzale, rendendo Palermo la culla intellettuale d'Italia. 

Attorniato da una corte di scienziati, letterati, poeti d'ogni nazionalità, Federico II era anche solito offrire fastosi banchetti ricchi di odori, colori, suoni e sapori diversi che manifestavano la sua apertura ad ogni nuova esperienza

Nel campo politico la sua esperienza conclude in certo senso l'impero medievale, alla cui tradizione universalistica egli vincolò in qualche modo la sua geniale opera di organizzatore del Regno, che per tanti aspetti ha presentimenti addirittura moderni.


Parlare di Federico II non è certo facile, tanto complessa e poliedrica, a tratti sfuggente nonchè controversa, si presenta la sua figura

Ecco come alcuni studenti delle terze hanno cercato di mettere in ordine le conoscenze e le testimonianze su questo straordinario sovrano

1194: la nascita di Federico nella piazza di Jesi



di Erika Casabella, classe 3 C


e ancora: 

Maria Giovanna Mazza, 3 H

Alessandra Mongiovì, 3 C

Stefano Cutuli, 3 H

Federico Di Mauro, 3 H

Simone Zumbo, 3 H

GianMarco Pettinato, 3 H

Giulio Grimaldi, 3 H

Francesca Ricciardello, 3 H



costruiamo una mappa su Federico II
VIDEO IN 5'




Federico e l'aquila in una miniatura del 1266

sesta crociata 1228-1230: Federico a Gerusalemme si accorda con il re


tra realtà e leggenda, la morte di Federico

Trovandosi un giorno di novembre del 1250 nella Capitanata, durante una battuta di caccia venne colto da un fortissimo attacco di dissenteria (lo stesso male che aveva colpito a morte il giovane padre Enrico), talmente violento da che impedire alle sue guardie di ricondurlo al Palazzo Imperiale di Foggia, troppo distante, ripiegando sulla più vicina Florentinum, oggi Castel Fiorentino.

Poche settimane dopo, le sue condizioni peggiorarono, e dopo aver chiesto di indossare la tonaca dei cistercensi del terzo ordine, di cui faceva parte, chiese di essere riaccolto nel seno della Chiesa: lui che, nella sua vita, era stato scomunicato ben due volte.

Confessatosi, ricevuta l’estrema unzione, spirò. 

Era il 13 dicembre 1250. Il cronista fiorentino Giovanni Villani (1276-1348) nella sua Nuova Cronica (1308-1348) sostituisce la malattia, come causa di morte di Federico, con l’omicidio: sarebbe stato soffocato nel sonno dal figlio Manfredi (1232-1266), accecato dalla fame di potere.

La leggenda di Manfredi patricida ebbe molto seguito durante il Medioevo (testimoniata anche da una raffigurazione miniata dell’epoca), seppur non storicamente provata. Rimane però certo il luogo della morte del sovrano

Manfredi soffoca il padre, miniatura


Secondo le usanze che al tempo venivano riservate ai principi, la salma fu accuratamente imbalsamata, tanto più che avrebbe dovuto affrontare un viaggio lungo e disagevole. Essa fu accompagnata da un folto gruppo di Saraceni, scalzi e piangenti, fino al porto di Taranto per essere imbarcata e giungere a Messina il 13 gennaio 1251. La solenne chiusura nell’urna di porfido rosso (pietra marmorea molto pregiata e destinata alle tombe regali) avvenne il 25 febbraio successivo.

La sua tomba oggi si trova nella Cattedrale di Palermo

venerdì 30 ottobre 2015

SCHIAVE TRA LE SERRE

Si pensa, erroneamente, che la schiavitù faccia parte di una storia antica e lontana. Invece esiste e cresce sotto i nostri  occhi, qui ed ora. Le donne, ancora una volta,  sono le vittime più colpite.

Nove ore al giorno nelle serre e poi, dal tardo pomeriggio alla sera, in un casolare a soggiacere ai piaceri del padrone e dei suoi amici. Gratis, o quasi, naturalmente. Il suo fidanzato, un bracciante tunisino, ha provato a difenderla, a tirarla fuori da lì, ha chiesto aiuto agli operatori di una associazione onlus di cui ha deciso di fidarsi, ma Valentina non ne ha voluto sentire, terrorizzata di paura. Lui lo hanno massacrato a botte, lei è sparita, portata via in un’altra ‘campagna’, lontano da occhio indiscreti. 
Benvenuti nell’inferno di Macconi, un tringolo di terra tra Acate, Vittoria e Scoglitti, decine di chilometri di plastica, una sconfinata distesa di serre, zona franca, un Far West assoluto che è diventato al tempo stesso terra promessa e prigione delle schiave romene del terzo millennio. …… 

Il miraggio di tante Alina, Cornelia, Mariana sono le 52 giornate di lavoro, naturalmente contrattualizzato, che servono loro per ottenere l’indennità di disoccupazione agricola. Poco importa se le giornate di lavoro effettive sono più del doppio, se non vengono pagate più di venti euro al giorno per dieci, dodici ore di lavoro e se pur di avere quel maledetto contratto a condizione falsate devono sopportare di tutto. Anche di essere violentate sotto la minaccia della pistola o di essere costrette ad improvvisarsi ballerine di lap dance e prostitute in una delle discoteche della zona. Il martedì all’ospedale di Vittoria è giorno di aborti. Qui sono quasi tutti obiettori di coscienza e così l’equipe medica arriva dagli ospedali vicini. C’è una domanda altissima da soddisfare. Vittoria (in percentuale rispetto al numero degli abitanti) ha il più alto numero di interruzioni di gravidanza in Italia, più di cento l’anno e di queste il 40% riguardano donne romene. …… 

Moltissime donne che restano incinte vengono messe subito sul primo autobus per la Romania, mandata ad abortire là dove tutto è più facile e con meno regole, visto che praticano interruzioni di gravidanza anche dopo il terzo mese, e poi fatte tornare. …… I bambini, anche loro qui, tra questa immensa teoria di serre dove è impossibile orientarsi, dove non esistono indirizzi, dove se chiami un’ambulanza non riesce ad arrivare, dove polizia e carabinieri non entrano e dove naturalmente non arrivano i servizi pubblici, sono dei ‘fantasmi’ che vivono in assoluto isolamento in balia dei padroni delle campagne in cui lavorano i genitori. Pochissimi sono quelli che vanno a scuola, gli altri aspettano chiusi in questi tuguri che di giorno sembrano deserti, abbandonati da anni, e che solo all’imbrunire si animano con l’accensione di qualche piccola luce o di un braciere su cui cuocere quel poco che c’è da mangiare. ……

 “L’invisibilità di questa gente - ci dice Ausilia Cosentini, coordinatrice di Proxima - è un elemento fondante di questa condizione di schiavitù perché consente alla comunità locale e alle istituzioni di non occuparsene. (…) I numeri la dicono lunga: in dieci anni ci sono state solo due denunce di abusi sessuali. E negli ultimi due anni delle 269 persone che abbiamo contattato con i nostri servizi di emersione solo 23, meno del 10%, hanno accettato di intraprendere un percorso di salvezza”. 

 Mediterranea a cura di Carla Pecis - UDI Catania  

martedì 27 ottobre 2015

le strade dei migranti

Nella carta sono ritratte le principali rotte migratorie verso l’Europa in partenza dalle maggiori aree di instabilità e di conflitto in Africa e Medio Oriente. 

Siria e Iraq si confermano l’epicentro di un fenomeno che origina anche da Afghanistan, Corno d’Africa e Golfo di Guinea, trovando uno snodo fondamentale in Libia.



venerdì 16 ottobre 2015

Bill of rights

L'Inghilterra verso la monarchia costituzionale



Il Bill of Rights è l'atto con cui il parlamento, dopo la Glorious Revolution del 1688, dichiarò decaduto re Giacomo II Stuart e riconobbe la successione al trono di sua figlia Maria e del genero Guglielmo d'Orange e, in caso di mancanza di eredi diretti, di Anna, sorella di Maria, e dei discendenti, purché di religione protestante. 

Inoltre l'atto limitava fortemente le prerogative regie, assegnando al parlamento il controllo delle finanze, escludendo ogni interferenza del re nell'amministrazione della giustizia e garantendo piena libertà di parola ai membri del parlamento. Veniva riaffermato il principio secondo il quale il sovrano, nella sua qualità di capo dell'esecutivo, era sottoposto alle leggi e poteva essere privato dei suoi poteri dallo stesso parlamento qualora avesse rifiutato di sottoporsi a tali leggi. Al sovrano era negata la prerogativa di sospendere l'applicazione delle leggi stesse. Era inoltre tutelata la libertà delle elezioni parlamentari. 

L'atto fu solennemente accettato da Maria e da Guglielmo prima della loro incoronazione. 

Alcuni punti del documento si ritrovano nelle costituzioni di tutti gli stati che compongono la federazione americana.




Esercitazioni:

ricostruire la storia costituzionale inglese dalla Magna Charta libertatum (1215):
elencare le conquiste e i loro contenuti

indicare la differenza tra monarchia costituzionale e monarchia parlamentare

presentare il sistema parlamentare inglese oggi

lunedì 12 ottobre 2015

la strage dei pacifisti curdi ad Ankara

ANKARA, 10 ottobre: il corteo dopo le esplosioni, 128 morti tra i giovani pacifisti

Dopo le due bombe fatte esplodere alla manifestazione pacifista organizzata ad Ankara dall’Halkların Demokratik Partisi (Partito democratico dei Popoli HDP, in kurdo Partiya Demokratîk a Gelan), facendo almeno 128 morti e oltre 500 feriti, la Koma Civakên Kurdistan (Unione delle comunità Kurde – KCK) ha sottolineato che «Il potenziamento della lotta democratica è l’unico modo per eliminare la mentalità e le politiche che hanno causato questo massacro e il conflitto nel Paese», e ha invitato «Tutte le forze democratiche, i popoli della Turchia e il popolo curdo a  protestare contro la strage di Ankara e i suoi autori».
La KCK sa bene che la strage di Ankara contro l’HDP e il popolo pacifista, ambientalista e di sinistra è in realtà la terza strage di massa, dopo quelle di Amed e Suruç, da quando sono state indette le nuove elezioni anticipate in Turchia, e che la strage di Ankara e l’ultima maglia di una catena di sangue con la quale esercito, polizia, bande di estremisti islamisti, nazionalisti e fascisti hanno punteggiato la campagna elettorale nel Kurdistan Turco, seminando la morte e la paura a Cizre, Farqin, Nusaybin, Şırnak e in altri insediamenti curdi, per impedire all’HDP di fare campagna elettorale e per indicare all’elettorato turco questo Partito federalista, progressista, democratico, ambientalista e multietnico come un pericolo per la “stabilità” e l’unità della Turchia.
La KCK, dopo aver espresso le sue condoglianze alle famiglie dei martiri  e alle forze democratiche colpite dagli attentati e dalla repressione, ha detto che «Il governo dell’AKP (Adalet ve Kalkınma Partisi, Partito della giustizia e dello sviluppo, ndr)   è il responsabile di questo massacro, visto che «La mentalità e politiche dell’AKP all’interno e all’esterno del Paese hanno portato la Turchia a questo punto. L’AKP non può assolvere se stesso da questo massacro dando la colpa ad altre organizzazioni», La KCK  ribadisce che l’AKP ha sempre collaborato con lo Stato Islamico/Daesh  e movimenti simili e che ne condivide l’indirizzo politico autoritario, confessionale e reazionario.
«Sostenere  che questi massacri sono stati perpetrati dallo Stato Islamico o da alcune altre organizzazioni simili – dicono i kurdi – significherebbe ignorare la mentalità, le politiche, le pratiche e la distorsione della verità. dell’AKP, Il fatto che l’obiettivo di questi massacri siano i circoli sociali che l’AKP vede come un nemico, rivela anche che in realtà è dietro di loro. Utilizzando come una maschera i nomi di alcune organizzazioni, il governo dell’AKP vuole eliminare tutti i circoli dell’opposizione, uno per uno».
IL GENOCIDIO DEI CURDI NELLA STORIA

sabato 10 ottobre 2015

la Chiesa e la guerra


Per riflettere sul peso e il valore anche religioso (ma non solo) che la Chiesa nella storia ha dato alla guerra, confrontiamo due appelli pontifici:
il primo, invita alle crociate con l'espressione "DIO VI CHIAMA!"
il secondo, sottolinea che il "modo migliore per vincere le guerre è non farle!"


Leggi  e ascolta i  due appelli





2015: l'appello di Papa Francesco a Roma


rifletti e rispondi

quale concezione ciascun appello consegna della guerra?

come viene motivata dai due pontefici la propria posizione?

perchè a tuo parere  la posizione di Papa Francesco è diversa da quella di Urbano II?

domenica 12 luglio 2015

Srebrenica, luglio 1995: il genocidio troppo a lungo ignorato




Quello di Srebrenica è il genocidio più atroce dopo la Seconda guerra mondiale: la comunità internazionale non agì per impedire la caccia all'uomo di coloro che fuggivano verso Tuzla, non agì per impedire, non agì per impedire la pulizia etnica e non agì per impedire gli stupri: questa è una responsabilità che ci portiamo dietro tutti"

Così ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini arrivando a Potocari per partecipare alla cerimonia di commemorazione delle ottomila vittime del genocidio perpetrato dai cetnici serbi, a danno della comunità rom musulmana, nel luglio del 1995


"A Srebrenica sono passati solo vent’anni. Ne sono passati cento fra Turchia e Armenia, e la fossa è ancora spalancata. Gli abitanti di Srebrenica sono rimasti in pochi, 5 mila, forse 7, e fra quei pochi l’odio non si è stancato, o si è rimpiattato dietro la rimozione. Però ci sono queste persone che a fare la pace si impegnano davvero. Donne soprattutto: scamparono grazie a quello spirito cavalleresco non solo serbo che insegna a sterminare gli uomini – tutti, dai 13 anni ai 70 e oltre - e a risparmiare le donne, dopo averle stuprate.
Le donne scamparono per testimoniare e per aspettare che fossero restituiti i frantumi dei loro cari. Si continua a ricomporli, estratti a volte da fosse distanti, dopo che furono stritolati e rimescolati per cancellarne le prove. Ogni anno, quella che per i più è una commemorazione è per alcune il primo funerale, la prima sepoltura tributata: 138, questa volta. Su 8.372 persone scomparse, sono stati rintracciati finora i resti di 7.100. Più di 1.200 mancano ancora. Vorrei accostare questa lunga impresa pietosa al recupero italiano delle salme degli annegati dello scorso aprile(...)"



un testimone sopravvissuto ricorda:
 
VORNIK - La casa ha le finestre murate coi mattoni, è abbandonata e nessuno ci tornerà a vivere. Zijo dice che "è uguale a quella notte". Quando arrivò la banda dei cetnici di Simo, e nella casa erano radunate tutte le famiglie del villaggio. "Là dentro sono rimasti i vestiti strappati alle donne stuprate. Ci hanno tirato fuori, e messi in fila. Qui, proprio qui dove sono io adesso, hanno violentato la mia sorella più grande che aveva 17 anni. Poi hanno costretto due uomini anziani a fare sesso orale fra loro. E poi ci hanno caricato sui camion".

Zijo Ribic ha ora trent'anni, piccolo di statura e robusto. Questo è Skocic, il suo villaggio, poche case alla periferia di Zvornik. Vicino scorre la Drina, che è il confine con la Serbia. Srebrenica è a una sessantina di chilometri. Skocic era dove stavano i Rom, i "Rom neri" come si chiamano fra loro, cioé musulmani, mentre "Rom bianchi" sono quelli ortodossi. La notte che Zijo racconta è quella del 12 luglio 1992, tre  anni esatti prima dell'eccidio di Srebrenica di cui si celebra ora il ventennale. continua qui
 

martedì 16 giugno 2015

Zygmunt Bauman: società liquida, noi e i migranti

 

«Siamo ostaggi del nostro benessere per questo i migranti ci fanno paura»

Intervista di W. Goldkorn a Z. Bauman

ZYGMUNT Bauman, oggi uno dei pensatori più influenti del mondo, è stato più volte esule. La prima volta, quando nel 1939, giovane ebreo, scappò dalla Polonia verso la Russia, in condizioni simili a quelle dei profughi che, scampati alle guerre e alla traversata del Mediterraneo, sono in questo momento oggetto più delle nostre paure che di nostra solidarietà. E la dialettica dell’integrazione ed espulsione dei gruppi sociali ai tempi della modernità è uno dei temi che più ha approfondito nelle sue opere. Con Bauman abbiamo parlato di quello che intorno alla questione profughi succede in questi giorni in Italia; tra una destra razzista e una sinistra che stenta ad affrontare le paure di una parte della popolazione.....


dal blog di Francesco Virga



Umberto Eco ne parla sull'Espresso
29 maggio 2015

martedì 2 giugno 2015

festa della Repubblica italiana




COSA SIGNIFICA QUESTA DATA

Il 2 giugno 1946 in Italia si svolse il primo Referendum istituzionale. Gli italiani furono chiamati a scegliere tra repubblica e monarchia. Il voto fu per la prima volta a suffragio universale con la partecipazione delle donne e l'affluenza fu dell’ 89,1% degli aventi diritto. Lo stesso giorno si votò per l’Assemblea Costituente, che darà all’Italia la sua Costituzione alla fine dell’anno successivo. Furono le prime elezioni libere dopo il fascismo. La campagna per la repubblica non fu semplice. La guerra di liberazione aveva visto combattere insieme i comunisti delle brigate Garibaldi, gli azionisti di giustizia e libertà, il fronte militare di fede monarchica, tutti rappresentati nel Cln e in contatto con gli alleati e con il governo Badoglio; la democrazia cristiana aveva deciso di lasciare "libertà di coscienza" ai suoi elettori. 

LA PARTECIPAZIONE DEI GIOVANI
“I principali protagonisti della campagna elettorale furono i giovani, la presenza più visibile nelle manifestazioni con cartelli fatti a mano, bellissimi con caricature, fotomontaggi, scritte fantasiose, bandiere, canzoni. Erano loro ad affiggere i manifesti con la colla casalinga, acqua e farina cucinate dal madri compiacenti, a fare le scritte di vernice rossa o inchiostro da stampa, se c'era qualche tipografia amica. Erano loro a distribuire volantini, a animare i dibattiti di strada e a insegnare a votare. Alla generazione che non aveva mai esercitato il diritto di voto si aggiungevano gli anziani che lo avevano dimenticato, molti dei quali analfabeti, e infine le donne. Per la prima volta c'erano donne in lista, per la prima volta, fra dubbi, perplessità, sfiducia di molti progressisti, tutte le donne italiane andavano a votare e a loro si poneva, oltre al problema dell'orientamento politico, quello dell'esercizio materiale del voto. Furono proprio ragazzi e ragazze a studiare i regolamenti e a spiegare ai coetanei e ai più anziani, cominciando dalla propria famiglia, «come si vota». C'erano gli antifascisti riottosi che insistevano per firmare la scheda «perché io non ho paura di nessuno», repubblicani decisi a cancellare con una croce il simbolo degli odiati Savoia e soprattutto uomini e donne che temevano di sbagliare, di confondersi, di farsi vincere dall'emozione e chiedevano di portarsi nella cabina un congiunto o un compagno più preparato.  E per molti amarezza di non poter votare. Ragazzi di 19-20 anni appena scesi dalle montagne dove avevano combattuto, comandato formazioni partigiane, subito carcere e tortura, ragazze che avevano rischiato la vita ogni giorno portando armi, viveri e ordini nelle borse della spesa, arrancando in bicicletta fra un posto di blocco tedesco e un ponte crollato, non accettavano facilmente di non essere considerati idonei ad una operazione semplice e non rischiosa come il voto, di non essere chiamati a decidere sulla sorte del paese che avevano liberato. Ma si votava a 21 anni compiuti, bisognava rassegnarsi a insegnare agli altri a votare “( Bianca Bracci Torsi, ex partigiana)

CHI NON VOTO’
Non poterono votare i circa 3 milioni di cittadini della Venezia-Giulia, territori che furono ceduti solo l'anno successivo con il  Trattato di Parigi del 1947.Non fu possibile neppure votare per coloro che prima della chiusura delle liste elettorali (aprile 1945) si trovavano ancora fuori del territorio nazionale nei campi di prigionia o di internamento all'estero, o comunque non sul territorio nazionale. Di queste centinaia di migliaia di persone non furono ammesse al voto neppure quelle rientrate tra la data di chiusura delle liste e le votazioni.

I RISULTATI
Il 54,3% degli elettori sceglie la repubblica, con un margine di appena 2 milioni di voti, decretando la fine della monarchia e l’esilio dei Savoia. Al Nord Repubblica e Monarchia avevano ottenuto, rispettivamente, il 64,8% ed il 35,2%. Al centro, il 63,4% ed il 36,6%. La situazione era rovesciata al Sud, dove la Monarchia si collocava in testa con il 67,4% contro il 32,6% e  nelle isole, con il 64% contrapposto al 36%. Il capoluogo di provincia più repubblicano era Ravenna, con una percentuale del 91,2%, che oggi si definirebbe “bulgara”. Seguiva a ruota Forlì con l’88,3%. Siciliani i comuni più monarchici: Messina (85,4%) e Palermo (84,2%). I risultati sorpresero un po’ tutti. La maggioranza repubblicana del Centro-Nord era inferiore alle aspettative, come lo era quella monarchica nelle altre regioni. Qualche delusione per i monarchici era venuta dal Piemonte, culla della dinastia sabauda, dove, non soltanto la Repubblica aveva prevalso, ma si era affermata in tutti i capoluoghi. Ma soprattutto i risultati colpirono perché dalla prova elettorale sembravano emergere due  Italie, che poteva essere difficile conciliare tra loro e ricondurre ad unità, almeno dal punto di vista politico e spirituale. La spaccatura tra un Sud prevalentemente monarchico ed il Centro-Nord repubblicano fotografò la diversa storia delle due parti del Paese, l’una passata quasi insensibilmente dal fascismo alla monarchia di Brindisi e di Salerno, l’altra invasa dai nazisti e  liberata dopo venti mesi di una guerra feroce ( Stefania Maffeo) 

LA SECONDA LIBERAZIONE
L’annuncio della vittoria della repubblica  fu come una seconda liberazione: “mentre i rotocalchi preparavano i servizi fotografici di Umberto in borghese col solito fatuo sorriso sulla scaletta dell'aereo che ce lo avrebbe alla fine portato via, giovani e anziani, elettori e non invasero le strade cantando, gridando, abbracciandosi, sventolando, insieme a tante bandiere rosse, il tricolore con un gran buco in mezzo al bianco, dove era stato lo stemma sabaudo” (Bianca Bracci Torsi)



domenica 24 maggio 2015

24 maggio 1915

 
Cento anni fa l'ingresso dell'Italia nel primo conflitto mondiale. Era il 24 maggio 1915

In Italia si contarono  650 mila caduti militari e circa 600 mila vittime civili. Nel primo conflitto mondiale il prezzo pagato dal nostro paese fu altissimo. A decidere l'entrata in guerra il Re e il gruppo dirigente liberale. Ma la maggior parte del Paese era contrario al conflitto Grande Guerra, coinvolti 28 paesi. 
 
Ventisei milioni di vittime, la metà civili nel conflitto mondiale che coinvolse 28 paesi tra l'estate del 1914 e la fine del 1918. La Grande Guerra vide la contrapposizione delle forze dell’Intesa – Francia, Gran Bretagna, Russia, Italia e loro alleati - , e gli Imperi Centrali – Austria, Ungheria, Germania e loro alleati ma ha avuto una dimensione mondiale perché è stata combattuta oltre i confini dell’Europa: nell' Impero ottomano, nelle colonie tedesche in Asia e su tutti i mari. 

domenica 17 maggio 2015

INVITO

In occasione dell'incontro sarà possibile visitare il Museo Etneo delle Migrazioni con la guida degli studenti

giovedì 30 aprile 2015

30 APRILE1975: cade Saigon

"Parafrasando il motto di un celebre film americano si potrebbe prendere a prestito la frase citata da Robin Williams (che interpretava il disc jockey dell'aviazione statunitense Adrian Cronauer) per ricordare che 40 anni fa finiva la guerra del Vietnam, con gli americani pronti a dire "goodbye" al Paese. Le immagini di questa galleria, a guardarle così sembrano lontane anni luce e chi oggi ha vent'anni non ha neppure il ricordo di quella tragedia se non per averla vista sul grande schermo o in tv. 



Eppure queste sono foto che raccontano un pezzo di storia del mondo. Immagini che hanno mobilitato i giovani che chiedevano pace invece che guerra. Su quella tragedia sono stati scritti libri, girati film, organizzati concerti. Il comune denominatore era il no all'Imperialismo, sì all'autodeterminazione dei popoli attraverso la democrazia e non ai conflitti. 
Una prova durissima per l'immagine degli Stati Uniti che contava i morti (da entrambe le parti) e subiva lo smacco per non aver avuto ragione di un popolo e di pezzo di terra così piccolo rispetto a loro. 

Il 30 aprile 1975 è una data simbolo: cadeva Saigon, capitale del Vietnam del Sud, ponendo così fine alla guerra durata venti anni. In questa galleria gli scatti dell'epoca che rievocano gli ultimi giorni del conflitto e che restano nella memoria di più di una generazione" 

Repubblica, 30 aprile 2015

sabato 25 aprile 2015

La Risiera di San Sabba

Nel novembre 2014 ho visitato a Trieste la Risiera di San Sabba. Neanche adesso, a distanza di mesi, riesco a parlarne facilmente, tanto è stato il turbamento provato nel percorrere i corridoi e gli spazi aperti e chiusi di questo campo di sterminio, così forte la commozione, il dolore, l'indignazione per tutto il male che qui ha trovato dimora fino al 1945, con la complicità di tanti che si definivano italiani. Le foto sono state scattate nel corso di quella indimenticabile visita.

"La risiera costruita nel 1913 nel quartiere di San Sabba a Trieste dapprima divenne il Stalag 339 campo di prigionia per i militari italiani dopo l’8 settembre 1943 Poi divenne Polizeihaftlager Campo di detenzione di polizia, usato sia come campo di passaggio per gli ebrei da inviare poi allo sterminio in Germania e in Polonia (a Dachau, Auschwitz, Mauthausen), sia alla detenzione e eliminazione di ostaggi, militari, oppositori, politici partigiani, antifascisti, esponenti della resistenza italiana, slovena e croata.

Il campo di San Sabba ha questa sua peculiarità: è un campo di sterminio delle idee e del dissenso, non necessariamente legato alla follia della dottrina razziale nazista. Nelle celle si sono trovate migliaia di documenti d’identità, che sono stati prelevati dalle truppe jugoslave che per prime entrarono nella Risiera e furono portate a Lubiana, dove sono conservati ancora oggi presso l’Archivio della Repubblica di Slovenia.


Nel cortile interno della Risiera il forno crematorio, collaudato il 4 aprile 1944 dalle migliori intelligenze naziste che si erano contraddistinte nei lager di tutta l’Europa e che per un tragico destino si erano riunite qui a Trieste. Il forno fu fatto saltare con la dinamite dai nazisti in fuga alla fine dell’aprile 1945. 

il luogo dove era stato costruito il forno crematorio, poi distrutto






Nei resti del forno, la mazza, una mazza ferrata del tipo di quelle usate nel medioevo, che veniva usata per dare il colpo finale sulla nuca dell’internato prima di gettarlo alle fiamme, vivo o morto che fosse, oppure era usata per spezzare le ossa delle giunture e delle articolazioni o per torturarlo in altro modo, come solo la crudeltà dell’uomo sa concepire, al di là di ogni fantasia.I prigionieri che venivano uccisi non provenivano solo dal campo di San Sabba ma anche da altre carceri della città come il Coroneo, e, a volte, da fuori.
Ci sono rimaste le loro testimonianze, graffiate sui muri delle celle, e le lettere che esprimono quello che solo chi ha vissuto queste cose sulla propria pelle riesce ad esprimere. In particolare la lettera alla fidanzata del triestino Pino Robusti, prigioniero politico.







la lettera di Pino Robusti a Laura, nel museo della Risiera



Le esecuzioni avvenivano di notte, e i prigionieri dalle celle le sentivano anche se in quelle notti i motori dei camion andavano a pieno regime, e col rumore dei motori coprivano le urla di chi veniva ucciso. I prigionieri venivano gassati dai gas di scarico dei camion appositi, fucilati, o uccisi colla mazza ferrata. I sopravvissuti, che udivano questo dalle celle, hanno ricordi auditivi, non grida ma il rombo dei motori, le musiche ad altissimo volume, delle marce tedesche e di “Lilì Marlene” i latrati dei cani delle guardie, e poi il silenzio tragico della morte.



le celle dei prigionieri

L’odore acre della carne che bruciava nei forni riempiva l’aria e arrivava fino alle celle dei prigionieri.Ed il giorno dopo, persone che non esistevano più, solo mucchi di cenere che venivano sparsi nel mare dell’Adriatico. 



il monumento che alla Risiera ricorda la ciminiera del forno crematorio


Quante sono state le persone uccise allo interno della risiera di San Sabba? Circa 5000 persone, cristiani e atei appartenenti alla resistenza, alle file dei partigiani, oppositori e ostaggi. Qualcuno parla di cifre maggiori. Non vengono calcolate le migliaia di persone che qui vennero raccolte, (principalmente ebrei) e poi mandate a morire nei campi di sterminio in Germania e in Polonia (a Dachau, Auschwitz, Mauthausen) "

ceneri dei prigionieri deportati da Trieste in altri campi di sterminio

Solo nel 1965 lo Stato Italiano dichiara la Risiera di San Sabba monumento nazionale.
Se vi trovate a passare da Trieste, visitarla è un dovere civile