sabato 26 febbraio 2011

La Sicilia in cammino verso l'unità: i moti del 1820

Quale fu il ruolo della Sicilia nel processo di unificazione? Quando iniziarono le agitazioni nell'isola?
Proviamo a conoscere i fatti, le idee, i progetti a partire dagli anni successivi alla rivoluzione partenopea e alla conseguente presenza in Sicilia del re Ferdinando IV di Borbone. 
Le agitazioni carbonare, i moti del 1820, la concessione della costituzione, la repressione austriaca: nelle province siciliane matura nel giro di pochi anni, attraverso eventi tanto diversi e in rapida successione, un'aspirazione politica nuova con la partecipazione di strati trasversali della popolazione, come attestano  le fonti archivistiche e storiografiche consultate.
Anche se non è ancora possibile parlare di impegno democratico diffuso certo è possibile scartare del tutto l'ipotesi di una indifferenza popolare ai problemi dell'isola e del Mezzogiorno.
Il nostro dossier propone inoltre i risultati di una inedita ricerca d'archivio su Ferdinando Amari, padre dello storico siciliano Michele Amari.





1806-1889

lunedì 21 febbraio 2011

17 marzo 1861: nasce il Regno d'Italia

Il 18 febbraio 1861 si aprivano a Torino i lavori del primo Parlamento italiano, Vittorio Emanuele II pronunciava il primo discorso in qualità di sovrano. L'ammininistrazione municipale era in festa: apriva al pubblico  i Musei di antichità, di storia naturale e la Reale Galleria d'Armi, si predisponevano giochi  pirotecnici e musiche di Verdi, Rossini, Strauss. L'inno nazionale di Mameli e Novaro avrebbe accompagnato la cerimonia a Piazza Castello proprio quella sera del 18 febbraio.

Il 17 marzo, meno di un mese dopo,  si proclamava ufficilamente la nascita del Regno d'Italia e si estendeva a tutto il territorio lo Statuto Albertino.

Non fu tuttavia un esordio solo festoso. Si registrarono sin dall'inizio difficoltà in Parlamento per l'assenteismo di molti deputati (quasi la metà era presente nell'ultima votazione del 13 luglio, alla vigilia della chiusura estiva), malumori e diffidenze fuori, specie al Sud.

Per conoscere meglio gli eventi di quel periodo e consultare documenti di approfondimento, è possibile leggere la scheda


Per capire l'atteggiamento  mostrato da Cavour dopo il successo di Garibaldi in Sicilia e quanto invece accadeva nel Sud proprio mentre si celebrava a Torino la grande festa dell'unificazione, proponiamo il carteggio tra Cavour e Costantino Nigra, allora diplomatico italiano a Parigi


La storia dell'Italia si apriva con fratture e diffidenze, le cui radici erano ben più antiche del giovane percorso risorgimentale. Certo era comprensibile, in quel contesto, l'espressione di  Massimo D'Azeglio: "Fatta l'Italia, è tempo di fare gli italiani".  Probabilmente però non si pensava allora che potesse conservare  drammatica  attualità dopo centocinquanta anni di convivenza.


Vittorio Emanuele II re d'Italia

L'istruzione degli italiani

Nel 1861 l’Italia era abitata da circa 22 milioni di abitanti (escludendo ancora la popolazione del Veneto e del Lazio, che porterà la cifra a 26 milioni): di questi solo 5 milioni avevano frequentato un corso di istruzione elementare. Il tasso medio di analfabetismo era del 78%, con punte del 90% nei territori ex pontifici, nel Mezzogiorno e nelle isole. Pochissimi facevano uso della lingua italiana, la maggior parte comunicava attraverso i dialetti di cui anche la minoranza colta si serviva in famiglia e nelle conversazioni quotidiane.
Cinquant’anni dopo la situazione registra significativi cambiamenti. In mezzo secolo l’analfabetismo scende al 46%. Gli alunni, appena dodicimila nel 1871, sono già ventisettemila trent’anni dopo. Oggi l’analfabetismo è sceso a meno del 2%, anche se rimangono in campo la sfida dell'alfabetizzazione degli stranieri e il pericolo di un analfabetismo di ritorno per la disaffezione alla lettura ancora presente negli italiani.
Sull'argomento la RAI propone un dossier con otto video che aiutano a seguire il cammino di istruzione degli italiani dall'unità ad oggi, passando attraverso la riforma Gentile e la Scuola di Barbiana

venerdì 18 febbraio 2011

Fratelli d' Italia: la storia, il testo, la musica dell'inno nazionale

post di Alessia Leotta, IV C


Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria. L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. 


Inserito dal Quirinale tra i simboli della Repubblica, l'inno nazionale è  insieme un  grido di speranza e un appello accorato all'unione nazionale che due giovani patrioti genovesi, Goffredo Mameli (appena ventenne all'epoca) e Michele Novaro, rivolsero ai "fratelli" con cui si apprestavano a costruire l'Italia.
Dal 12 Ottobre 1946 l’Inno di Mameli è divenuto l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

Negli ultimi anni, per la sempre più diffusa propensione alla demolizione e al "revisionismo" della storia nazionale,  parole e musica di questo Inno sono state oggetto di numerose critiche in Italia e non sono mancate le proposte di sostituirlo con altre composizioni risorgimentali o addirittura contemporanee. Bisogna però dire che "Fratelli d'Italia" esprime un sentimento di vera unità nazionale, sottolinea e ricorda una lunga storia comune, spinge, secondo i princìpi del mazzinianesimo, verso l'unione e l'amore in vista del conseguimento di un fine comune. Lo stesso  Giuseppe Verdi non esitò a segnalarlo come canto nazionale.

E oggi, a più di centocinquant’anni dalla sua nascita, con la sincerità dei suoi intenti, con il suo impeto giovanile, con la sua manifesta commozione, l’Inno di Mameli continua a toccare quella corda dentro di noi che ci fa sentire, ovunque siamo, fratelli d’Italia.

Come ignorare l'emozione che queste parole suscitano in noi?

Noi siamo da secoli

Calpesti, derisi,

Perché non siam popolo,

Perché siam divisi.

Raccolgaci un'unica

Bandiera, una speme:

Di fonderci insieme

Già l'ora suonò.
 
L'appello è ancora valido: di questa “fratellanza”, autentica e non solo dichiarata come ideale, abbiamo    oggi tanto bisogno, per continuare a costruire L'ITALIA DEGLI ITALIANI


 







lunedì 14 febbraio 2011

Donne del Risorgimento siciliano


post di Chiara Puglisi, IV C


Il ruolo femminile nella costruzione dello Stato nazionale italiano è sempre stato considerato subordinato al ruolo maschile. Tuttavia le donne, nonostante l’impercettibile visibilità pubblica, non solo ebbero un ruolo rilevante in quel processo, ma furono anche numerose, di diversi ceti sociali e si dimostrarono determinate, con idee e progetti da costruire, impegnate direttamente nelle cospirazioni ma anche nelle lotte vere e proprie, passate poi a ruoli di impegno sociale a beneficio delle donne e dell'infanzia, per il riscatto sociale delle classi disagiate, per l'organizzazione e la promozione dell'educazione.

La nostra idea è quella di dare visibilità alle protagoniste femminili del Risorgimento italiano, e in particolare a quelle del Risorgimento siciliano, quasi sempre dimenticate nella storiografia ufficiale e ignorate nei festeggiamenti. Ho per questo deciso di presentarvi la storia di due donne siciliane, Giuseppa Bolognani, meglio nota come Peppa la Cannoniera, e Giovanna Cirillo Rampolla. Entrambe hanno avuto un’esistenza difficile e travagliata, durante la quale si sono battute per i propri ideali, ma soprattutto si sono battute per la giustizia. Nonostante le difficoltà del tempo, queste due donne non si sono mai arrese, sono rimaste fedeli alle proprie idee, continuando il loro percorso con coraggio e determinazione. Le reputo pertanto due donne davvero ammirevoli, poiché malgrado il ruolo della donna venisse all’epoca ritenuto sottomesso a quello dell’uomo, loro hanno trovato la forza di combattere e di farsi valere.

Giuseppa Bolognani e Giovanna Cirillo Rampolla
 



a cura di Vanessa Garufi, classe IV C


a cura di Alfio Brischetto, classe IV C


a cura di Nella Casabella, classe IV C



…Il ciel ripose
in noi madri, in noi spose,
le sorti liete della patria o il danno…
Se concordi saremo dell’alta impresa
Restano i figli nostri in sua difesa.

Laura Oliva, scrittrice ed educatrice napoletana



mercoledì 9 febbraio 2011

La Giornata del ricordo

Con la Legge 30 marzo 2004 n. 92, «La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del
Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime
delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della
più complessa vicenda del confine orientale».
La data del 10 Febbraio è stata scelta per ricordare il giorno in cui a Parigi, nel 1947, venne
firmato il Trattato di pace in conseguenza del quale venne sancita la cessione di buona parte della
Venezia Giulia alla Jugoslavia di Tito e l’abbandono di numerose città della sponda orientale
dell’Adriatico dove l’elemento italiano era percentualmente maggioritario.
Per conoscere meglio i luoghi, le dinamiche politiche ed ideologiche, le fasi e le modalità della eliminazione fisica e dell'esodo degli italiani dall'Istria, dalla Dalmazia, da Fiume, Pola, Zara, pubblichiamo un interessante dossier curato dalla Federazione delle Associazioni di Esuli Istriani, fiumani e Dalmati. Il dossier propone una dettagliata presentazione storica che permette di seguire le vicende fino ai nostri giorni, una ricca bibliografia, carte storico-geografiche e un elenco di esuli che si sono successivamente inseriti nella comunità italiana.

 

Istria, Fiume e Dalmazia: profilo storico

Invitiamo inoltre a leggere la testimonianza di Romana Sansa, esule istriana, oggi Consulente parlamentare in tema di Migrazioni presso il Senato della Repubblica, esponente della "Mailing list Histria".

Un'esule senza rancore





LICEO CLASSICO "AMARI", GIARRE

giovedì 3 febbraio 2011

Riflessioni sul film NOI CREDEVAMO

Il Risorgimento raccontato dal basso



post di Alessia, Rosita, Alessandra, classe IV C


Domenico, Angelo e Salvatore sono tre ragazzi del sud Italia che decidono di affiliarsi al movimento Mazziniano, indignati per la violenta politica repressiva dei Borboni nei confronti delle insurrezioni popolari. I tre amici, inizialmente uniti da un comune ideale, saranno divisi da differenti destini tragici. Uno rimarrà coerente agli ideali d’indipendenza e libertà fino alla fine, consumando la propria esistenza nel nome della propria causa; un altro morirà per mano di un amico, vittima di diffidenza e pregiudizio; il terzo corromperà le proprie idee politiche e patriottiche percorrendo la via dell'assassinio politico e del plateale gesto risolutore. Le vite dei tre protagonisti, sconosciuti ma rappresentativi delle vicissitudini di tanti patrioti, s’intrecciano con le biografie di alcuni tra i personaggi più importanti della storia italiana: Giuseppe Mazzini, Francesco Crispi, Felice Orsini, Sigismondo Castromediano, Carlo Poerio, Cristina di Belgiojoso.

Noi abbiamo scelto questa recensione del film, tra le tante proposte nel web


E' possibile leggere e scaricare lo schoolbook, ricco di informazioni storiche sul periodo e profili biografici dei protagonisti e di alcune figure politiche del Risorgimento su