giovedì 30 aprile 2015

30 APRILE1975: cade Saigon

"Parafrasando il motto di un celebre film americano si potrebbe prendere a prestito la frase citata da Robin Williams (che interpretava il disc jockey dell'aviazione statunitense Adrian Cronauer) per ricordare che 40 anni fa finiva la guerra del Vietnam, con gli americani pronti a dire "goodbye" al Paese. Le immagini di questa galleria, a guardarle così sembrano lontane anni luce e chi oggi ha vent'anni non ha neppure il ricordo di quella tragedia se non per averla vista sul grande schermo o in tv. 



Eppure queste sono foto che raccontano un pezzo di storia del mondo. Immagini che hanno mobilitato i giovani che chiedevano pace invece che guerra. Su quella tragedia sono stati scritti libri, girati film, organizzati concerti. Il comune denominatore era il no all'Imperialismo, sì all'autodeterminazione dei popoli attraverso la democrazia e non ai conflitti. 
Una prova durissima per l'immagine degli Stati Uniti che contava i morti (da entrambe le parti) e subiva lo smacco per non aver avuto ragione di un popolo e di pezzo di terra così piccolo rispetto a loro. 

Il 30 aprile 1975 è una data simbolo: cadeva Saigon, capitale del Vietnam del Sud, ponendo così fine alla guerra durata venti anni. In questa galleria gli scatti dell'epoca che rievocano gli ultimi giorni del conflitto e che restano nella memoria di più di una generazione" 

Repubblica, 30 aprile 2015

sabato 25 aprile 2015

La Risiera di San Sabba

Nel novembre 2014 ho visitato a Trieste la Risiera di San Sabba. Neanche adesso, a distanza di mesi, riesco a parlarne facilmente, tanto è stato il turbamento provato nel percorrere i corridoi e gli spazi aperti e chiusi di questo campo di sterminio, così forte la commozione, il dolore, l'indignazione per tutto il male che qui ha trovato dimora fino al 1945, con la complicità di tanti che si definivano italiani. Le foto sono state scattate nel corso di quella indimenticabile visita.

"La risiera costruita nel 1913 nel quartiere di San Sabba a Trieste dapprima divenne il Stalag 339 campo di prigionia per i militari italiani dopo l’8 settembre 1943 Poi divenne Polizeihaftlager Campo di detenzione di polizia, usato sia come campo di passaggio per gli ebrei da inviare poi allo sterminio in Germania e in Polonia (a Dachau, Auschwitz, Mauthausen), sia alla detenzione e eliminazione di ostaggi, militari, oppositori, politici partigiani, antifascisti, esponenti della resistenza italiana, slovena e croata.

Il campo di San Sabba ha questa sua peculiarità: è un campo di sterminio delle idee e del dissenso, non necessariamente legato alla follia della dottrina razziale nazista. Nelle celle si sono trovate migliaia di documenti d’identità, che sono stati prelevati dalle truppe jugoslave che per prime entrarono nella Risiera e furono portate a Lubiana, dove sono conservati ancora oggi presso l’Archivio della Repubblica di Slovenia.


Nel cortile interno della Risiera il forno crematorio, collaudato il 4 aprile 1944 dalle migliori intelligenze naziste che si erano contraddistinte nei lager di tutta l’Europa e che per un tragico destino si erano riunite qui a Trieste. Il forno fu fatto saltare con la dinamite dai nazisti in fuga alla fine dell’aprile 1945. 

il luogo dove era stato costruito il forno crematorio, poi distrutto






Nei resti del forno, la mazza, una mazza ferrata del tipo di quelle usate nel medioevo, che veniva usata per dare il colpo finale sulla nuca dell’internato prima di gettarlo alle fiamme, vivo o morto che fosse, oppure era usata per spezzare le ossa delle giunture e delle articolazioni o per torturarlo in altro modo, come solo la crudeltà dell’uomo sa concepire, al di là di ogni fantasia.I prigionieri che venivano uccisi non provenivano solo dal campo di San Sabba ma anche da altre carceri della città come il Coroneo, e, a volte, da fuori.
Ci sono rimaste le loro testimonianze, graffiate sui muri delle celle, e le lettere che esprimono quello che solo chi ha vissuto queste cose sulla propria pelle riesce ad esprimere. In particolare la lettera alla fidanzata del triestino Pino Robusti, prigioniero politico.







la lettera di Pino Robusti a Laura, nel museo della Risiera



Le esecuzioni avvenivano di notte, e i prigionieri dalle celle le sentivano anche se in quelle notti i motori dei camion andavano a pieno regime, e col rumore dei motori coprivano le urla di chi veniva ucciso. I prigionieri venivano gassati dai gas di scarico dei camion appositi, fucilati, o uccisi colla mazza ferrata. I sopravvissuti, che udivano questo dalle celle, hanno ricordi auditivi, non grida ma il rombo dei motori, le musiche ad altissimo volume, delle marce tedesche e di “Lilì Marlene” i latrati dei cani delle guardie, e poi il silenzio tragico della morte.



le celle dei prigionieri

L’odore acre della carne che bruciava nei forni riempiva l’aria e arrivava fino alle celle dei prigionieri.Ed il giorno dopo, persone che non esistevano più, solo mucchi di cenere che venivano sparsi nel mare dell’Adriatico. 



il monumento che alla Risiera ricorda la ciminiera del forno crematorio


Quante sono state le persone uccise allo interno della risiera di San Sabba? Circa 5000 persone, cristiani e atei appartenenti alla resistenza, alle file dei partigiani, oppositori e ostaggi. Qualcuno parla di cifre maggiori. Non vengono calcolate le migliaia di persone che qui vennero raccolte, (principalmente ebrei) e poi mandate a morire nei campi di sterminio in Germania e in Polonia (a Dachau, Auschwitz, Mauthausen) "

ceneri dei prigionieri deportati da Trieste in altri campi di sterminio

Solo nel 1965 lo Stato Italiano dichiara la Risiera di San Sabba monumento nazionale.
Se vi trovate a passare da Trieste, visitarla è un dovere civile

siciliani che lottarono per la Resistenza



segnalato da Francesca Gullotta


Nunzio Di Francesco al Liceo Leonardo di Giarre


Venivano da Cefalù, da Militello, da Regalbuto e si ritrovarono a
combattere al Nord contro i nazifascisti. I settant’anni dalla Liberazione
sono l’occasione per tornare a riflettere sul contributo
dei siciliani impegnati nella Resistenza: 
lo facciamo con
la guida di Rosario Mangiameli, docente di storia contemporanea
a Catania e punto di riferimento per ogni discorso sugli anni cruciali
che portano alla nascita della democrazia in Italia......


STORIE DI SICILIANI CHE LOTTARONO PER LA RESISTENZA



venerdì 24 aprile 2015

ti scrivo dalle montagne...


post di Caterina Calabrese, classe 5 H



Molti militari di origine meridionale furono sorpresi dall’8 settembre nel Centro-Nord. Avrebbero potuto tornare alla loro case, nel Sud già liberato, ma scelsero di battersi nella Resistenza al fianco dei commilitoni. Antonio Brancati, 23 anni, studente, siciliano di Ispica (Ragusa), era uno di loro. Membro del comitato militare di Grosseto, viene catturato in un rastrellamento in montagna e fucilato con altri dieci compagni il 22 marzo 1944.

Carissimi genitori,
non so se mi sarà possibile potervi rivedere per la qual cosa vi scrivo questa lettera. Sono stato condannato a morte per jnon essermi associato a coloro che vogliono distruggere completamente l’Italia.
Vi giuro di non aver commessa nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all’Italia, nostra amabile e martoriata Patria.
Voi potete dire questo sempre a voce alta dinanzi a tutti.
Se muoio, muoio innocente.
Vi prego di perdonarmi se qualche volta vi ho fatto arrabbiare, vi ho disobbedito, ero allora un ragazzo.
Solo pregate per me il buon Dio. Non prendetevi parecchi pensieri. Fate del bene ai poveri per la salvezza della mia povera anima. Vi ringrazio per quanto avete fatto per me e per la mia educazione. Speriamo che Iddio vi dia giusta ricompensa.
Baciate per me tutti i fratelli: Felice, Costantino, Luigi, Vincenzo e Alberto e la mia cara fidanzata.
Dispiacente tanto se non ci rivedremo su questa terra; ma ci rivedremo lassù, in uin luogo più giusto e più santo.
Ricordatevi sempre di me.
Un forte bacione.
Antonio


Sappiate che il vostro Antonio penserà sempre a voi anche dopo morto e che vi guarderà dal cielo


Il testamento del capitano Balbis
La resistenza nella sacrestia del Duomo

Babbo adorato,
il tuo unico figlio si allontana da te.
Non perderti d’animo e accetta quest’ultimo volere di Dio. Ti raccomando la mamma: anche per lei devi essere forte. Muoio con la grazia di Dio e con tutti i conforti della nostra religione. Nel momento supremo Tu sarai nel mio cuore e sul mio labbro. Arrivederci, Babbo, ti stringo a me nel virile abbraccio degli uomini forti e chiedo la tua benedizione.
Babbo adorato, se la mia vita fu serena e facile io lo devo a Te, che mi hai guidato col tuo amore, col tuo lavoro, col tuo esempio.
Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero.
Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura.
Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.
Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepitio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice.

Franco Balbis
Torino, 5 aprile 1944

Capitano Franco Balbis
Decorato a El Alamein e fucilato dai fascisti il 5 aprile 1944



lettere tratte da Aldo Cazzullo, Possa il mio sangue servire, Rizzoli, 2015




il partigiano Johnny

post di Tindaro Lo Iacono, classe 5 L


 « E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull'ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. 
Ecco l'importante: che ne restasse sempre uno. »

   Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, edizione Einaudi, pag. 392




Il partigiano Johnny è un film del 2000 diretto da Guido Chiesa, tratto dall'omonimo romanzo di Beppe Fenoglio (1922-1963).
Il romanzo è considerato uno dei più importanti romanzi della Resistenza e del Novecento italiano. Tuttavia Fenoglio non riuscì mai a pubblicarlo in vita: lo stesso titolo non è autografo, ma va attribuito ai curatori della prima edizione Einaudi (1968). Gran parte delle vicende, pur romanzate, furono realmente vissute dall'autore in prima persona, ed è quindi lecito riconoscere in Johnny una proiezione dell'autore. 
Beppe Fenoglio divenne partigiano dopo l'armistizio dell'8 settembre, che apprende mentre si trova, ancora militare al servizio dello stato, nella caserma Govone.

 
locandina del film



Trama:
Johnny, studente universitario appassionato di letteratura inglese, dopo l'8 settembre 1943 diserta dall'esercito a Roma e ritorna a casa, ad Alba. Inizialmente rifugiatosi in una villa in collina, dove si dedica ai suoi studi, dopo la morte di un amico decide di agire in prima persona, lascia quindi la città e si aggrega alla prima formazione partigiana che incontra, i "rossi" guidati dal Biondo, dei quali non condivide l'ideologia comunista, ma solo il desiderio di combattere i fascisti. Rimasto solo dopo che il gruppo si è sbandato sotto l'attacco tedesco, riesce a raggiungere la formazione autonoma degli "azzurri", guidati dal carismatico Comandante Nord, in contatto con gli alleati angloamericani, meglio equipaggiati ed organizzati. Tra di loro ritrova il suo caro amico Ettore e insieme partecipano alla temporanea, simbolica occupazione di Alba. 

Stefano Dionisi, partigiano Johnny, in una scena del film


Ma tanti, piccoli scontri decimano e disperdono le loro forze, Ettore viene catturato e condannato a morte, Johnny si ritrova ad affrontare il duro inverno del 1944 di nuovo solo. In primavera, Nord riunisce gli uomini e riprendono le attività di guerriglia. Il film si chiude su un'immagine fissa di Johnny impegnato in combattimento, forse sopraffatto dai nemici, seguita dalla scritta "Due mesi dopo la guerra era finita".

giovedì 23 aprile 2015

canta la libertà

corri Vittorio verso la libertà






E' il 28 marzo 1944. Vittorio Meoni è uno studente di Scienze politiche dell'Università di Firenze che - a poco più di 21 anni - ha già conosciuto il carcere e la tortura, per le sue idee antifasciste. Da alcuni giorni è diventato uno degli uomini della brigata partigiana "Spartaco Lavagnini" quando sul Montemaggio, in provincia di Siena, dopo una battaglia vengono fucilati in 19. Lui riesce a scappare nel bosco, nonostante sia stato costretto a sedersi davanti al plotone per aspettare la raffica. Ferito, verrà portato in ospedale con l'aiuto di una famiglia contadina e di un medico sfollato nella zona. Lì sarà arrestato ancora e poi di nuovo liberato, con un ordine falso di scarcerazione. Continuerà a ricordare anche per gli altri. A cercare la libertà nell'impegno civile



martedì 21 aprile 2015

quando nel mare morivano gli italiani

post di Francesco Grasso, 5 H

Voglio qui segnalare un interessante articolo riguardo l'immigrazione dei primi del Novecento , quando erano gli italiani a morire a centinaia a causa dei naufragi. 

Forse può essere un buon punto di partenza per far riflettere chi ha la memoria corta o la mente un po' troppo chiusa sulle tragedie dei migranti di oggi

1927: Il piroscafo Principessa Mafalda sta per affondare a poche miglia dalla costa del Brasile. 314 emigrati moriranno del naufragio


lunedì 20 aprile 2015

Verso il 25 Aprile: Donne, la resistenza taciuta


C’è, nei confronti delle donne che hanno partecipato alla Resistenza, un misto di curiosità e di sospetto… E’ comprensibile … che una donna abbia offerto assistenza a un prigioniero, a un disperso, a uno sbandato, tanto più se costui è un fidanzato, un padre, un fratello… L’ammirazione e la comprensione diminuiscono, quando l’attività della donna sia stata più impegnativa e determinata da un a scelta individuale, non giustificata da affetti e solidarietà familiari. Per ogni passaggio trasgressivo, la solidarietà diminuisce, fino a giungere all’aperto sospetto e al dileggio.” 

Miriam Mafai


venerdì 17 aprile 2015

la seconda guerra mondiale



presentazione generale


dalle cause alle conseguenze




10 giugno 1940, l'ingresso in guerra dell'Italia, 1 minuto

"Studiare questo percorso di storia, e di storie umane, fra il settembre del 1939 e l'aprile del 1945,sarà un modo per rivedere, e per restare ancora una volta sbigottiti, forse increduli. Ma per chi non la conosce, per le generazioni che non l'hanno studiata a scuola dove molto poco la si insegna forse perché il ricordo fra i vivi è ancora troppo rovente e irrisolto, per chi ne ha visto soltanto al cinema o in televisione versioni condite con la salsa di pomodoro invece del sangue, questo viaggio sarà l'occasione per scoprire qualcosa che forse non molti giovani sanno. Scoprire che da quelle rovine è nato ciò che noi oggi siamo.

Sono nate tante delle cose che usiamo nella vita quotidiana. Le onde radar che scaldano la minestra nei microonde. I motori a reazione che spingono gli aerei sui quali viaggiamo. Le radiazioni usate per curare malattie. La diffusione delle fibre sintetiche lanciate con milioni di paracadute e divenute calze o camicie. L'impiego di massa degli antibiotici o l'applicazione bellica dell'energia nucleare che tiene sotto minaccia di olocausto atomico la terra con arsenali ancora oggi giganteschi o con spettri di attacchi terroristici. E quei computer che nella guerra segreta della crittografia trovarono un'incentivazione furiosa.

Ma più ancora delle cose, dalla guerra più guerra nella storia sono nate, insieme con la nostra Repubblica, le istituzioni nelle quali abbiamo vissuto non sempre e non tutti in prosperità, ma sempre in pace, proprio dove lo sterminio era cominciato ed era stato più atroce: qui, nella nostra civilissima Europa. Oggi che le delusioni per la promessa della pace e della unità europea fanno riaffiorare sentimenti e rancori che della Grande Guerra dei Trent'anni 1914-1945 furono la matrice, e gli anticorpi generati dalla resistenza nelle nazioni occupate si affievoliscono come la salute degli ultimi reduci, tornano brividi e pulsioni favorite dalla dimenticanza. Parole come "territorio", "identità", "razza", "sacri confini", "sporchi stranieri", "nazionalismo" o addirittura "fascismo" che erano state riposte nel cassetto con uniformi, camicie, distintivi, saluti, riacquistano corso legale nel discorso collettivo. L'illusione che le atrocità del XX Secolo fossero piovute dal cielo sulla testa di bravi e onesti cittadini trasformandoli nei demoni di Birkenau, delle stragi staliniane, delle leggi razziali, delle foibe del Carso, di Sant'Anna di Stazzema, ignora che quanto accadde non fu né follia né l'opera di alieni. Fu costruita un giorno dopo l'altro, un uomo e una donna dopo gli altri, come un organismo che si ammala, cellula dopo cellula. Scientemente. Razionalmente...."






giovedì 16 aprile 2015

a 70 anni dal 25 aprile 1945


"Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove fuorno impiccati. 
Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, 
andate lì o giovani, col pensiero, 
perché li è nata la nostra Costituzione"

Piero Calamandrei ai giovani, Milano 1955


dossier con articoli e documenti
sulla Resistenza italiana