post di Caterina Calabrese, classe 5 H
Molti militari di origine meridionale furono sorpresi dall’8
settembre nel Centro-Nord. Avrebbero potuto tornare alla loro case, nel Sud già
liberato, ma scelsero di battersi nella Resistenza al fianco dei commilitoni.
Antonio Brancati, 23 anni, studente, siciliano di Ispica (Ragusa), era uno di
loro. Membro del comitato militare di Grosseto, viene catturato in un
rastrellamento in montagna e fucilato con altri dieci compagni il 22 marzo
1944.
Carissimi genitori,
non so se mi sarà possibile potervi rivedere per la qual
cosa vi scrivo questa lettera. Sono stato condannato a morte per jnon essermi
associato a coloro che vogliono distruggere completamente l’Italia.
Vi giuro di non aver commessa nessuna colpa se non quella di
aver voluto più bene di costoro all’Italia, nostra amabile e martoriata Patria.
Voi potete dire questo sempre a voce alta dinanzi a tutti.
Se muoio, muoio innocente.
Vi prego di perdonarmi se qualche volta vi ho fatto
arrabbiare, vi ho disobbedito, ero allora un ragazzo.
Solo pregate per me il buon Dio. Non prendetevi parecchi
pensieri. Fate del bene ai poveri per la salvezza della mia povera anima. Vi
ringrazio per quanto avete fatto per me e per la mia educazione. Speriamo che
Iddio vi dia giusta ricompensa.
Baciate per me tutti i fratelli: Felice, Costantino, Luigi,
Vincenzo e Alberto e la mia cara fidanzata.
Dispiacente tanto se non ci rivedremo su questa terra; ma ci
rivedremo lassù, in uin luogo più giusto e più santo.
Ricordatevi sempre di me.
Un forte bacione.
Antonio
Sappiate che il vostro Antonio penserà sempre a voi anche
dopo morto e che vi guarderà dal cielo
Il testamento del capitano Balbis
La resistenza nella sacrestia del Duomo
Babbo adorato,
il tuo unico figlio si allontana da te.
Non perderti d’animo e accetta quest’ultimo volere di Dio. Ti raccomando la mamma: anche per lei devi essere forte. Muoio con la grazia di Dio e con tutti i conforti della nostra religione. Nel momento supremo Tu sarai nel mio cuore e sul mio labbro. Arrivederci, Babbo, ti stringo a me nel virile abbraccio degli uomini forti e chiedo la tua benedizione.
Babbo adorato, se la mia vita fu serena e facile io lo devo a Te, che mi hai guidato col tuo amore, col tuo lavoro, col tuo esempio.
Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero.
Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura.
Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.
Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepitio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice.
Franco Balbis
Torino, 5 aprile 1944
Capitano Franco Balbis
Decorato a El Alamein e fucilato dai fascisti il 5 aprile 1944
lettere tratte da Aldo Cazzullo, Possa il mio sangue servire, Rizzoli, 2015
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