I Paesi d'origine.
I migranti irregolari arrivati via mare non
provengono dagli stessi Paesi dei migranti regolari: "Nel periodo 2008-2013 le
nazionalità maggiormente rappresentate negli sbarchi sono state: quella tunisina
(un flusso avvenuto prevalentemente nei primi mesi della rivoluzione del 2011),
seguita da quella eritrea, nigeriana, somala, siriana, afgana, ghanese e
maliana. A parte alcune rare eccezioni, queste nazionalità non rappresentano né
le principali nazionalità dei richiedenti asilo (Afghanistan, Russia, Iraq,
Somalia, Serbia, Pakistan, Iran, Kosovo), né quelle dei migranti regolari nei
paesi dell'Unione europea (Turchia, Marocco, Albania, Algeria, Ucraina, Cina,
Russia, Ecuador)".
Le vere spinte dei flussi.
Le vere spinte dei flussi.
Le traversate nel Mediterraneo hanno
radici molto lontane: "Nella stragrande maggioranza dei casi i migranti
intercettati o morti nel Mediterraneo provengono dall'Africa sub-sahariana o
dall'Asia. Nello specifico, provengono da Paesi sottomessi a regimi repressivi
in cui prendere contatto con le ambasciate occidentali (quando presenti) per
richiedere asilo politico o visti migratori è estremamente pericoloso. Il
Mediterraneo e i suoi morti rilevano perciò fenomeni che hanno radici
altrove".
I morti di Lampedusa.
I morti di Lampedusa.
"La maggioranza delle
vittime della recente tragedia di Lampedusa aveva diritto di richiedere asilo
nell'Unione europea, da cui deriva l'irrilevanza nel cercare di attribuire loro
un qualsivoglia status di "immigrato". Il problema è che queste persone non
avevano alcuna possibilità di raggiungere in maniera regolare le coste europee
per chiedere protezione internazionale, fatto che spiega il loro ricorso a vie
irregolari".
Come evitare le stragi?
Come evitare le stragi?
"Esistono
molteplici soluzioni per rispondere all'inaccessibilità di strade legali di
domanda d'asilo in Europa. La prima soluzione - consigliano i ricercatori -
consiste nel definire piani di reinsediamento (resettlement) nei Paesi di primo
asilo o di transito che i rifugiati potrebbero raggiungere. L'Unione europea si
è impegnata timidamente in questa direzione, ma non
vi è dubbio che c'è ancora molto da fare a patto che esista la volontà
politica. Altre soluzioni sono da ricercare nel rilanciare la formula (ormai
abbandonata) delle "procedure di entrata protetta" o dei "visti per l'asilo
politico" così come nella possibilità di stabilire dei "programmi di protezione
regionale" volti ad aumentare le capacità di asilo dei Paesi terzi".
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