La mobilitazione di migliaia di studenti e persone di tutte le
età ad Hong Kong, una protesta senza precedenti nell’ex colonia
britannica, è stata innescata dalla decisione della Cina di porre forti
limiti alle prime elezioni a suffragio universale del capo del governo
locale che si svolgeranno nel 2017.
LA STRETTA DI PECHINO
Innanzitutto, Pechino ha ridotto di limitare a due o tre il numero
dei candidati alla carica di «chief executive». Inoltre, il governo
centrale ha stabilito che i candidati devono essere approvati da
un’apposita commissione elettorale di 1.400 persone, i cui membri
vengono nominati da Pechino. È soprattutto quest’ultima decisione che ha
scatenato la protesta degli studenti.
La riforma elettorale consiste nella creazione di un comitato ristretto di 1400 persone che dovrà indicare due o tre candidati per il capo del governo di Hong Kong. Inoltre, al termine del voto previsto nel 2017, il candidato eletto dovrà avere prima il consenso del governo centrale cinese.
Il movimento pro democrazia Occupy Central ha denunciato che Pechino intende controllare la scelta dei candidati e ha promosso una manifestazione per il prossimo primo ottobre.
Il movimento pro democrazia Occupy Central ha denunciato che Pechino intende controllare la scelta dei candidati e ha promosso una manifestazione per il prossimo primo ottobre.
OCCUPY CENTRAL
Per il movimento “Occupy Central” questa, infatti, rappresenta una
marcia indietro rispetto alla promessa della Cina di instaurare una
piena democrazia politica. Impegno contenuto nella Basic Law, la
Costituzione di Hong Kong che dal 1997 è una Speciale Regione
Amministrativa della Cina. Deng Xiaoping, il leader cinese che firmò
insieme all’allora premier britannica Margaret Thatcher l’accordo per il
ritorno di Hong Kong alla Cina, sancì questa promessa inventando la
formula «un Paese, due sistemi».
IL LEADER DEGLI STUDENTI
Il leader degli studenti è Joshua Wong, di 17 anni, che due anni fa
aveva assunto un ruolo di punta nella campagna contro l’Educazione
Patriottica, che Pechino voleva imporre in tutte le scuole elementari e
medie di Hong Kong. L’opposizione all’Educazione Patriottica si rivelò
talmente forte e sentita che Pechino decise di abbandonare
temporaneamente il progetto. Convincere il Partito Comunista ad
accettare un reale suffragio universale ad Hong Kong, però, sembra molto
diverso.
La Stampa, 28 settembre 2014
Una precisazione sul suffragio universale richiesto dagli studenti: la città ha una sorta di costituzione (la "Hong Kong Basic Law") che garantisce ai cittadini dell'ex colonia britannica numerose libertà civili sconosciute in Cina; il sistema elettorale, però, prevede che solo la metà dei 60 delegati che siedono nel consiglio legislativo venga eletta direttamente dal popolo, mentre l'altro 50% è nominato da commissioni corporative rappresentative di tutti i settori dell'economia.
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