La prima traccia storica di affermazione scritta dei diritti umani, seppur embrionali e limitata agli “uomini liberi”, si trova nella Magna Charta Libertatum (dal latino medievale), comunemente chiamata Magna Carta (1761), accettata il 15 giugno 1215 dal re Giovanni d'Inghilterra (soprannominato anche "Giovanni Senza Terra", perché aveva perso i suoi feudi) a Runnymede, nei pressi di Windsor. Redatta ( ma non nei contenuti, solo nella forma) dall'Arcivescovo di Canterbury per raggiungere la pace tra l'impopolare re e un gruppo di baroni ribelli, la Carta andò oltre all'affrontare le semplici richieste baronali, ma costituì una proposta più ampia di riforma politica.
Essa prometteva la tutela dei diritti della Chiesa, la protezione dalla detenzione illegale, la disponibilità di una rapida giustizia e, soprattutto, introduceva delle limitazioni in materia di tassazione e altri pagamenti feudali alla corona, con alcune forme di tassazione feudale che richiesero il consenso baronale. La Carta vantava la promozione di diritti libertari per gli uomini, in particolare per i baroni. Tuttavia, anche i diritti dei servi vennero presi in considerazione
negli articoli 16, 20 e 28. La Magna Charta Libertatum sancisce il principio dell’habeas corpus, il quale verrà sviluppato nell’Habeas Corpus Act (L'Habeas corpus fu sancito nel 1679 e 1816. Esso stabilisce il principio della garanzia della libertà del cittadino, che non può essere arrestato o subire limitazioni alla sua libertà personale, se non è data dall'autorità la prova del reato commesso) e nel Bill of Rights (1689) che ha dato vita alla monarchia costituzionale inglese.
A seguito dell'approvazione monarchica della Magna Charta libertatum si avvia la costituzione del Parlamento inglese:
nel 1242 nasce la Camera dei Lords
nel 1339 si aggiunge la Camera dei Comuni
dal 1348 il ruolo del Parlamento bicamerale inglese viene ribadito nel giuramento del re
OGGI
il Parlamento inglese conserva la sua struttura bicamerale
UNA SCHEDA DI ANALISI DELLA CARTA
LA MAGNA CHARTA LIBERTATUM CON I SUOI 63 ARTICOLI
Le origini del costituzionalismo moderno
Con la Magna Charta i rapporti feudali, che fino ad allora avevano avuto carattere personale e privato, furono codificati per la prima volta in diritto pubblico. Questo diritto, che fu detto comune (common law) perché comune al re e ai baroni, costituiva il terzo sistema giuridico dell’Europa medievale, accanto al diritto romano e al diritto canonico (cioè ecclesiastico).
L’importanza storica della Magna Charta consiste nel fatto che essa riconosceva per la prima volta l’inviolabilità dei diritti individuali rispetto a ogni arbitrio di potere; tuttavia essa, in origine, difendeva soltanto i diritti e i privilegi di nobiltà e alto clero, ignorando contadini, artigiani e tutti gli altri appartenenti ai ceti inferiori.
Nei secoli successivi questo documento, nato per restaurare la pratica e il diritto feudale, divenne la base per l’affermazione di diritti e istituzioni propri del costituzionalismo moderno (la teoria che difende le libertà individuali). Così, per esempio, dal Consiglio comune del regno derivò il Parlamento inglese, che nel Trecento si divise in due Camere, la Camera Alta o Camera dei lord (in cui sedevano i nobili e il clero) e la Camera Bassa o Camera dei Comuni (dove si radunavano i rappresentanti degli ordini sociali meno potenti). Inoltre, il diritto a processi imparziali e secondo la legge venne allargato a tutti i cittadini e il divieto di arresti arbitrari fu garantito dalle successive norme sull’habeas corpus, le quali stabilivano che la persona arrestata (il «corpo») dovesse essere condotta in tempi brevi di fronte a un giudice. La protezione degli uomini liberi contro i soprusi dei feudatari rappresentò la prima affermazione dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
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