sabato 10 novembre 2012

Le ferite aperte degli "anni di piombo"

Walter Tobagi è stato ucciso a Milano il 28 maggio 1980, gli hanno sparato alcuni membri di una formazione terroristica di sinistra, la "Brigata XXVIII marzo".  Tobagi era un giornalista del Corriere della Sera, uno storico e il presidente del sindacato dei giornalisti lombardi; quando è morto aveva trentatre anni, il figlio Luca sette, la figlia Benedetta tre.





Un paio di anni fa Benedetta Tobagi ha dedicato al padre un forte delicato bilancio dell'anima, Come mi batte forte il tuo cuore. Sugli assassini degli anni di piombo, di cui la sua famiglia fu una delle tante incolpevoli vittime, Benedetta ripropone lo stesso giudizio di Olga D'Antona, vedova del giuslavorista assassinato nel 1999: "sono così pateticamente inadeguati all'enormità del male che hanno compiuto". E' mancata quasi sempre la consapevolezza totale del dolore inflitto agli altri per potere trovare una strada nuova. "Il protagonismo di molti ex terroristi, i ragionamenti ancorati a vecchie logiche, a rappresentazioni falsate dell'Italia, i loro occhi, dicono che spesso questo passaggio non c'è, e nemmeno il riconoscimento. A questa ferita, in Italia si somma il problema che spesso alle vittime è mancato persino un riconoscimento sociale, con la ribalta occupata da ex terroristi trattati come esperti, ribelli coraggiosi o addirittura maestri".

Raccontare significa resistere e resistere significa preparare le condizioni per un cambiamento, ha scritto Roberto Saviano. E' quanto  si propone Benedetta Tobagi, con il suo "conservare tracce di vita per capire e raccontare". Dall'altra parte, quella dei responsabili,  nota l'autrice con dolore e parole amarissime, questo cambiamento come consapevolezza del dramma di anni terribili per maturare una diversa coscienza civile forse non c'è mai stato.

Il testo aiuta a capire il senso autentico della memoria storica, quando non si cade in revisionismo giustificazionistico, prassi ahimè molto diffusa nel nostro Paese.












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