venerdì 22 aprile 2016

il patriottismo costituzionale di Habermas



Il filosofo Jurgen Habermas sostiene che l’idea di patriottismo costituzionale debba applicarsi all’Europa. Gli Stati post-moderni, secondo Habermas, non possono avere fondamenti etnici o morali o religiosi, perchè questi sarebbero non inclusivi, e ciò non consentirebbe loro di dare cittadinanza a quella «costellazione post-nazionale» che invece l’Unione europea deve essere, specie se aperta alla immigrazione.



Oggi l’Italia multietnica è una realtà con circa 4 milioni di immigrati che convivono con i cittadini italiani e chiedono la cittadinanza. E’ ormai evidente che dobbiamo ripensare il risorgimentale “patriottismo nazionale”.





Nel testo Inclusioni dell’altro. Studi di teoria politica (1996), il filosofo tedesco Jurgen Habermas affronta il problema delle società pluralistiche in cui proliferano punti di vista diversi, diversi valori, che spesso tendono a degenerare in conflitti. Si tratta di pervenire a un universalismo che sia però sensibile alle differenze e alle particolarità impostesi col multiculturalismo. Anche in ciò, mirando ad un universalismo, Habermas si oppone ai Postmoderni e al loro elogio delle molteplicità intese come fine dell’universalismo e trionfo dei particolari punti di vista (si pensi a La società trasparente di Vattimo, che può essere inteso come il manifesto dell’atteggiamento postmoderno). Le “inclusioni dell’altro” a cui allude il titolo dello scritto habermasiano non devono essere intese né come assimilazione dell’altro nel senso dell’appiattimento di tutti i valori, né come chiusura verso il diverso: significa piuttosto che “i confini della comunità sono aperti a tutti”, senza che essi debbano, per poter entrare nella comunità, rinunciare alle loro credenze e ai loro valori. 

È esattamente in questo che risiede quello che Habermas definisce “patriottismo della costituzione” ( o patriottismo costituzionale) ossia un “una convinta adesione ai principi universalistici della Costituzione”: ogni individuo della comunità può credere nel dio e nei valori che vuole, purché si riconosca nei principi costituzionali del Paese in cui vive. Si ha dunque un universalismo rispettoso delle differenze e delle pluralità. 

Nell’epoca del pensiero postmetafisico, di quello che Weber aveva chiamato il “disincantamento del mondo”, l’etica non può più fondarsi su principi ontoteologici e soteriologici: essa, per poter essere universale, deve basarsi sull’etica del discorso. Ma, allo stesso tempo, Habermas ha molto insistito su come la morale debba essere autonoma, prescindendo da ogni autorità religiosa, sociale, ontologica, ecc. L’uomo del mondo postmetafisico, rimasto “orfano di Dio”, non può fare affidamento su null’altro se non sulla ragione comunicativa e sulle sue procedure discorsive. 

Habermas se la prende anche col cosiddetto “emotivismo etico”, tesi secondo cui i giudizi etici dipenderebbero da elementi emotivi o comunque extrarazionali. Contro questa tesi, Habermas fa valere l’opposta tesi del “cognitivismo etico”: infatti, non è forse vero che i giudizi morali non si limitano a esprimere i sentimenti del momento ma hanno un contenuto cognitivo?   

Per quel che riguarda la filosofia e il suo destino nel mondo attuale, il nostro autore si fa ancora una volta alfiere di posizioni illuministiche, sostenendo che al giorno d’oggi non vi sia “un troppo, ma un troppo poco di ragione”: è vero, la ragione non può più essere intesa come depositaria di un sapere ultimo e assoluto; ma ciononostante, essa non deve rinunciare al suo ruolo critico e smascherante, alla sua funzione di “custode della razionalità” e di baluardo della tradizione illuministica di cui s’è alimentata la nostra civiltà.  


vedi anche 
il concetto di PATRIA


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saggio breve su:

Il patriottismo come passione e come ideale
dal Risorgimento all'Italia e all'Europa di oggi 

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