prima fase
Tutti gli studi del fenomeno migratorio contemporaneo ( tra cui Mauro Reginato, Storia digitale Zanichelli,Colonie, imperi e migrazioni di Giuseppe Burgio) sottolineano che i movimenti migratori non sono soltanto eventi spesso drammatici dei giorni attuali e non hanno avuto sempre come protagoniste le popolazioni di paesi in conflitto o in estrema povertà e sofferenza, come accade oggi per le masse di disperati che cercano la salvezza imbarcandosi su un mezzo di fortuna per raggiungere le coste europee.
Nel periodo a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si ebbe infatti un profondo movimento in uscita dall’ Europa e diretto verso le Americhe, l’Australia e l’Africa meridionale. Il grande esodo europeo interessò più di cinquanta milioni di soggetti, come la mappa sottostante evidenzia differenziando le aree coinvolte.
Le cause di quel movimento migratorio ebbero caratteri esogeni ed endogeni.
L'Italia, con particolare presenza del Mezzogiorno, fu tra i Paesi maggiormente interessati dal processo.
Tra il 1861 e il 1985 le statistiche parlano di
29.036.000 italiani emigrati all’estero, di cui 22.253.000 uomini e 6.780.000
donne.
Ne sono rientrati circa 10.275.000, con un saldo migratorio di
18.761.000 unità.
Oggi vivono all’estero quasi cinque milioni di cittadini italiani e oltre 60 milioni di oriundi.
In Sicilia
L’emigrazione dalla zona ionico-etnea, quasi irrilevante
fino al 1875, presentò un aumento
significativo e costante dal 1890: 60 partenze nel primo triennio, quasi 100
l’anno fino al 1898, per toccare le 2500 unità annuali con l’arrivo del nuovo
secolo. Un autentico fiume umano lascia
Piedimonte, Fiumefreddo, Linguaglossa, Calatabiano, Mascali, Giarre,
Randazzo, Riposto e già nel 1911 la popolazione dell’area registra il primo
calo dalla nascita del Regno. Dalla fine
dell’Ottocento da Siracusa si poteva
raggiungere Messina utilizzando la linea
ferroviaria che s’inerpicava per il litorale ionico. Il porto di Messina,
utilizzato fino al 1904 per servire gli scali di Napoli e Palermo, ottenne in
seguito la sua linea transoceanica diretta grazie alla compagnia “La Veloce”.
Così gli emigranti della costa, dopo aver raggiunto con i carretti il più
vicino scalo ferroviario, caricavano sogni e bagagli con minore difficoltà
sulla prima nave in partenza dallo stretto.
Il lavoro nelle miniere, nell’edilizia, nella costruzione
della rete ferroviaria, nelle immense distese agricole americane e nelle
piantagioni australiane si presentava
come l’occasione per un rapido guadagno che avrebbe permesso di saldare i debiti
in paese, comprare il fondo espropriato, pensare alla casa, ad un nuovo pezzo
di terra, alla dote delle figlie.
L’isola, fanalino di coda nel registro nazionale delle partenze di fine
Ottocento, passò così decisamente in testa: solo nel 1906 partirono
dalla Sicilia 120.000 persone, nel 1913 più
di 20.000 lasciarono la provincia di Catania, 146.000 la Sicilia: è il picco
della “grande emigrazione”.
un'intervista alla nonna
di Giuseppe Palazzolo
di Giuseppe Palazzolo e Giovanna Leotta
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