lunedì 21 febbraio 2011

17 marzo 1861: nasce il Regno d'Italia

Il 18 febbraio 1861 si aprivano a Torino i lavori del primo Parlamento italiano, Vittorio Emanuele II pronunciava il primo discorso in qualità di sovrano. L'ammininistrazione municipale era in festa: apriva al pubblico  i Musei di antichità, di storia naturale e la Reale Galleria d'Armi, si predisponevano giochi  pirotecnici e musiche di Verdi, Rossini, Strauss. L'inno nazionale di Mameli e Novaro avrebbe accompagnato la cerimonia a Piazza Castello proprio quella sera del 18 febbraio.

Il 17 marzo, meno di un mese dopo,  si proclamava ufficilamente la nascita del Regno d'Italia e si estendeva a tutto il territorio lo Statuto Albertino.

Non fu tuttavia un esordio solo festoso. Si registrarono sin dall'inizio difficoltà in Parlamento per l'assenteismo di molti deputati (quasi la metà era presente nell'ultima votazione del 13 luglio, alla vigilia della chiusura estiva), malumori e diffidenze fuori, specie al Sud.

Per conoscere meglio gli eventi di quel periodo e consultare documenti di approfondimento, è possibile leggere la scheda


Per capire l'atteggiamento  mostrato da Cavour dopo il successo di Garibaldi in Sicilia e quanto invece accadeva nel Sud proprio mentre si celebrava a Torino la grande festa dell'unificazione, proponiamo il carteggio tra Cavour e Costantino Nigra, allora diplomatico italiano a Parigi


La storia dell'Italia si apriva con fratture e diffidenze, le cui radici erano ben più antiche del giovane percorso risorgimentale. Certo era comprensibile, in quel contesto, l'espressione di  Massimo D'Azeglio: "Fatta l'Italia, è tempo di fare gli italiani".  Probabilmente però non si pensava allora che potesse conservare  drammatica  attualità dopo centocinquanta anni di convivenza.


Vittorio Emanuele II re d'Italia

L'istruzione degli italiani

Nel 1861 l’Italia era abitata da circa 22 milioni di abitanti (escludendo ancora la popolazione del Veneto e del Lazio, che porterà la cifra a 26 milioni): di questi solo 5 milioni avevano frequentato un corso di istruzione elementare. Il tasso medio di analfabetismo era del 78%, con punte del 90% nei territori ex pontifici, nel Mezzogiorno e nelle isole. Pochissimi facevano uso della lingua italiana, la maggior parte comunicava attraverso i dialetti di cui anche la minoranza colta si serviva in famiglia e nelle conversazioni quotidiane.
Cinquant’anni dopo la situazione registra significativi cambiamenti. In mezzo secolo l’analfabetismo scende al 46%. Gli alunni, appena dodicimila nel 1871, sono già ventisettemila trent’anni dopo. Oggi l’analfabetismo è sceso a meno del 2%, anche se rimangono in campo la sfida dell'alfabetizzazione degli stranieri e il pericolo di un analfabetismo di ritorno per la disaffezione alla lettura ancora presente negli italiani.
Sull'argomento la RAI propone un dossier con otto video che aiutano a seguire il cammino di istruzione degli italiani dall'unità ad oggi, passando attraverso la riforma Gentile e la Scuola di Barbiana

3 commenti:

  1. Il Risorgimento, la classe dirigente, la Chiesa, la prima guerra mondiale, il fascismo, la resistenza, la seconda guerra mondiale, l’emigrazione, le trasformazioni sociali: alcuni storici rispondono alle domande di Giovanni Minoli nel DOSSIER RAI "150 anni di Italia unita",interessante supporto per avviare confronti e riflessioni sul processo unitario e il suo sviluppo.
    http://www.italia150.rai.it/Dossier_Dettaglio.aspx?id=26

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  2. Per ulteriori approfondimenti segnaliamo la SITOGRAFIA RAGIONATA dell'Archivio di Stato di Piacenza

    http://www.archiviodistatopiacenza.beniculturali.it/opencms/opencms/it/contenuti/manifestazioni/eventi/Articolo_551.html

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  3. Acquisire la consapevolezza di appartenere tutti alla stessa Nazione è stato un percorso lungo e non ancora compiuto e oggi reso più difficile, a volte minacciato, da forme degenerate del principio nazionale, quali i fondamentalismi integralisti e i regionalismi autonomisti e separatisti, oltre che dalla stessa globalizzazione, una sorta di Giano bifronte, recante in sé progresso e involuzione identitaria.
    La data del 17 marzo 1861 è solo l’inizio del nostro cammino unitario; rappresenta la genesi del Regno d’Italia, è il giorno in cui il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di Re d’Italia. Il quadro territoriale e l’unità politica, però, non sono completi, mancano ancora il Lazio con Roma, che saranno annessi l 20 settembre 1870, con la breccia di Porta Pia, il Trentino, l’Alto Adige e il Friuli, che diventeranno italiani alla fine della Prima guerra mondiale.
    Ma l’unità politico-istituzionale basta a fare una Nazione? Non credo, basta a fare uno Stato indipendente su cui si esercita una sola sovranità ma, di certo, senza una coscienza collettiva di appartenenza comune da amare e da difendere, l’identità nazionale non esiste. La nazione deve diventare patria, deve trasformarsi in sentimento e in volontà condivisa per essere un ideale capace di far muovere l’individuo singolo a sentirsi parte di un tutto e a maturare la coscienza di essere popolo.
    Mi piace ricordare con Ernest Renan che “La Nazione è un’anima, un principio spirituale [...] il possesso comune di un ricco lascito di ricordi ma e anche il consenso attuale, il desiderio di vivere insieme, la volontà di continuare a far valere l’eredità che si è ricevuta indivisa [...] un plebiscito di tutti i giorni, come l’esistenza di un individuo è un’affermazione continua di vita”.
    Francesca Gullotta

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