post di Roberto Testa, V^ H
Originariamente, la musica ai tempi della Grande Guerra veniva scritta per i teatri di Broadway o per i musical londinesi, dove si inscenavano dei veri e propri “recital” sugli eserciti, sulla preparazione alla guerra e sulla stessa guerra, soprattutto per propaganda. Tra i più grandi artisti, ricordiamo certamente George Gershwin, uno dei padri del musical americano e del jazz, movimento musicale nato nei primi anni del ventesimo secolo nei campi di lavoro degli schiavi “neri” d’America.
La musica d’inizio secolo però non riguarda solo il jazz e tutta la musica d’elite che si poteva gustare in teatri, locali o grandi palchi, ma riguarda anche la “musica da guerra” : venivano composte, dagli stessi militari o dai propagandisti di guerra, musiche soprattutto corali, per far aumentare il senso di appartenenza al gruppo, per esorcizzare la paura della morte e sollevare gli animi in vista della guerra.
Spesso e volentieri, i motivi venivano cantati dalle truppe al fronte e dai cittadini nelle riunioni patriottiche. La maggior parte dei canti incitavano e spronavano i soldati alla guerra, con spirito patriottico e di “gloria”.
Qui analizziamo una delle poche canzoni che ci fanno comprendere invece le difficoltà, le sofferenze e i mali del vivere in guerra.
“Ta-pum” (Minatori della galleria di S. Gottardo/ Nino Piccinelli, 1917)
Venti giorni sull’Ortigara
Senza cambio per dismontà
Ta-pum, ta-pum, ta-pum
Ta-pum, ta-pum, ta-pum!
Se domani si va all’assalto,
Soldatino non farti ammazzar
Ta-pum, ta-pum, ta-pum
Ta-pum, ta-pum, ta-pum!
Quando sei dietro a quel muretto
Soldatino non puoi più parlà
Ta-pum, ta-pum, ta-pum
Ta-pum, ta-pum, ta-pum!
Ho lasciato la mamma mia
L’ho lasciata per fare il soldà
Ta-pum, ta-pum, ta-pum
Ta-pum, ta-pum, ta-pum!
Dietro il ponte un cimitero
Cimitero di noi soldà
Ta-pum, ta-pum, ta-pum
Ta-pum, ta-pum, ta-pum!
Cimitero di noi soldati
Forse un giorno ti vengo a trovà
Ta-pum, ta-pum, ta-pum
Ta-pum, ta-pum, ta-pum!
“Ta-pum!” era per i soldati italiani il suono dello sparo della fucileria austro-ungarica, simbolo di un attacco che stava arrivando, molto probabilmente accompagnato dalla morte che avrebbe sicuramente preso alla sprovvista uno o più soldati italiani (e, come minimo, ferito). E’ sicuramente una “incitazione” (per quanto si possa definire tale) a non farsi uccidere e a difendersi per tornare vivi dalla guerra. L’unico riferimento storico lo troviamo nella “Ortigara” : era il monte, nei pressi di Asiago, sul quale si combatté una battaglia (Azione K), che conta 400.000 unità di soldati tra Italia e Austria-Ungheria (di cui 300.000 per l’Italia), rimasta alla storia per essere stata “la più grande battaglia in quota mai combattuta” (10-25 giugno 1917). Il generale italiano era Antonio Cadorna, che decise di attaccare il fronte austriaco, che si rivelò però essere ben difeso tanto da vincere la battaglia con un efficace contrattacco (che l’Italia volle affrontare a viso aperto, senza ripiegare le truppe), seppure in disparità numerica. Si conteranno più di 20.000 italiani tra morti, feriti, prigionieri e dispersi, mentre solamente 9.000 austro-ungarici.
Così scrive Paolo Monelli, militare alpino italiano (Fronte della Valsugana, Trentino) in “Le Scarpe al sole”, romanzo/diario autobiografico, che ha partecipato al conflitto : “Da quindici giorni si assiste allo stesso spettacolo : escono battaglioni, rientrano barrelle e morti, e dopo qualche giorno o qualche ora, pochi superstiti..”
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