Il Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perché in questa data le Forze Alleate liberarono Auschwitz dai tedeschi. Al di là di quel cancello, oltre la scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi), apparve l’inferno. E il mondo vide allora per la prima volta da vicino quel che era successo, conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà. Il Giorno della Memoria non è una mobilitazione collettiva per una solidarietà ormai inutile. È piuttosto, un atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo dei cancelli di Auschwitz, a riconoscervi il male che è stato.
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brevi video proposti dall'ANPI
Che cosa è, che cosa rappresenta Auschwitz?
Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande campo di sterminio di quella sofisticata «macchina» tedesca denominata «soluzione finale del problema ebraico». Auschwitz era una vera e propria metropoli della morte, composta da diversi campi - come Birkenau e Monowitz - ed estesa per chilometri. C’erano camere a gas e forni crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla cosiddetta «Judenrampe» (la rampa dei giudei) subivano una immediata selezione, che li portava quasi tutti direttamente alle «docce» (così i nazisti chiamavano le camere a gas).
Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei.
Con il termine Shoah che cosa si definisce?
Shoah è una parola ebraica che significa «catastrofe», e ha sostituito il termine «olocausto» usato in precedenza per definire lo sterminio nazista, perché con il suo richiamo al sacrificio biblico, esso dava implicitamente un senso a questo evento e alla morte, invece insensata e incomprensibile, di sei milioni di persone. La Shoah è il frutto di un progetto d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli: nel gennaio del 1942 la conferenza di Wansee approva il piano di «soluzione finale» del cosiddetto problema ebraico, che prevede l’estinzione di questo popolo dalla faccia della terra. Lo sterminio degli ebrei non ha una motivazione territoriale, non è determinato da ragioni espansionistiche o da una per quanto deviata strategia politica.
È deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere.
È una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei).
Quali sono gli antecedenti?
L’odio antisemita è un motivo conduttore del nazismo.
La Germania vara nel 1935 a Norimberga una legislazione antiebraica che sancisce l’emarginazione. Tre anni dopo l’Italia approva anch’essa un complesso e aberrante sistema di «difesa della razza», rinchiudendo gli ebrei entro un rigido sistema di esclusione e separazione dal resto del paese. Ma questa terribile storia ha dei millenari precedenti.
Prima dell’Emancipazione, ottenuta in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena tollerata, non di rado perseguitata e cacciata, e sempre relegata entro i ghetti.
Tanto nel mondo cristiano quanto sotto l’Islam. Visti con diffidenza e odio per la loro fede tenace (e, dal punto di vista della maggioranza, sbagliata), hanno sempre rappresentato il «diverso», la presenza estranea. Anche se da millenni vivono qui e si sentono europei.
Perché la Shoah è un evento unico?
Dopo la Shoah è stato coniato il termine «genocidio». Purtroppo il mondo ne ha conosciuti tanti, e ancora troppi sono in corso sulla faccia della terra. Riconoscere delle differenze non significa stabilire delle gerarchie nel dolore: come dice un adagio ebraico «Chi uccide una vita, uccide il mondo intero». Ma mai, nella storia, s’è visto progettare a tavolino, con totale freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo. Studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti nelle città occupate, costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei trasporti, e tanto altro.
La soluzione finale non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte.
Perché ricordare e commemorare?
Il Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l’umanità è stata capace, né sostenere un’assai poco ambita «superiorità» del dolore ebraico. Non è infatti, un omaggio alle vittime, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo. Non è la pietà per i morti ad animarlo, ma la consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse.
Questo video documentario (27'), tratto dal canale YouTube Sapiens Sapiens, mette insieme diversi contributi, assemblati in modo che l'intero lavoro abbia un senso specifico: collegare l'eccidio degli Ebrei ai valori della nostra civiltà, contenuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
Non soltanto, quindi, fare memoria con immagini e racconti che rischiano di restare impressi più per la loro spettacolare crudeltà che per il messaggio e il monito che dovrebbero veicolare, ma proporre anzitutto i valori fondanti alla luce dei quali riteniamo orribile l'Olocausto e tutte le forme di violenza insieme agli "olocausti" di oggi e di tutto il Novecento.
I contenuti sono, nello specifico, i seguenti:
- Breve introduzione tratta da "La vita è bella" di Benigni
- Documentario sull'Olocausto (una sintesi dell'eccidio, con cause, sviluppi e conseguenze);
- Le memorie del Novecento: alcuni eccidi del secolo appena trascorso;
- Il processo che porta alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo;
- Video sintetico sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo;
- La "Shoah" oggi: cortometraggio realizzato da Ettore Scola.
DACHAU, IL PRIMO CAMPO DI CONCENTRAMENTO TEDESCO
Il “Manifesto degli scienziati razzisti” o “Manifesto della Razza” fu pubblicato in forma anonima sul Giornale d’Italia il 15 Luglio 1938 sotto il titolo “Il Fascismo e i problemi della razza”.
Successivamente, in data 25 Luglio 1938, il segretario del
Partito Nazionale Fascista, Achille Storace, attraverso la sua
segreteria politica fece pubblicare un comunicato per appoggiare la posizione degli "scienziati razzisti"
Al comunicato faceva seguito il testo del “Manifesto degli scienziati razzisti” che sarebbe stato poi pubblicato il 5 Agosto 1938 nel primo
numero della Rivista La
Difesa della Razza diretta da Telesio Interlandi.
Veniva reso noto un elenco di ben 1800 uomini di
scienza e di cultura italiani che aderivano alle tesi del manifesto.
Il 17 novembre 1938, con decreto regio, entravano in vigore le leggi razziali
dopo aver letto il testo di legge, indica cosa
prescriveva per lo Stato italiano e per la comunità ebraica in particolare
La Shoah nel cinema europeo
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