domenica 29 gennaio 2017

il Medio Oriente oggi

Districarsi nelle contese internazionali non è mai stato facile ma certo lo diventa maggiormente quando gli agenti della rivalità sono tanti e mascherano i loro reali interessi dietro azioni volte apparentemente al mantenimento di un equilibrio di pace favorevole alle popolazioni coinvolte, e a tutti gli altri popoli di conseguenza.

L'eterogenesi dei  fini, che nasconde l'origine dei reali obiettivi di ciascuna parte in causa,  è da sempre alla base delle competizioni umane. 
Nella globalizzazione tuttavia essa trova maschere più facili e strumenti più duttili, perchè il gioco può essere condotto con soggetti fragili e dunque meno capaci di difendersi e smascherare il gioco prima di essere eliminati.

In quest'ottica  il giornalista Gigi Riva analizza l'attuale competizione in Medio Oriente
RUSSIA, USA, CINA, TURCHIA e la SIRIA


presentazione di Andrea Nicolosi, classe 5 I

giovedì 26 gennaio 2017

giornata della memoria 2017



ALLE ORE 8 DI DOMANI 27 GENNAIO
giornata della memoria

APPUNTAMENTO AL CINEMA EDEN PER LA PROIEZIONE DEL FILM


Legge 20 luglio 2000, n. 211

"Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti"
(Gazzetta Ufficiale n. 177, 31 luglio 2000)

Art. 1
La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Art. 2
In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

lunedì 23 gennaio 2017

il fascismo

post di Mario Nicotra, 5 B


Il ventennio fascista non fu, come oggi qualche sciagurato immemore figura di credere, un ventennio di ordine e di grandezza nazionale: fu un ventennio di sconcio illegalismo, di umiliazione, di corrosione morale, di soffocazione quotidiana, di sorda e sotterranea disgregazione morale. Non si combatteva più sulle piazze, dove gli squadristi avevano ormai bruciato ogni simbolo di libertà, ma si resisteva in segreto, nelle tipografie clandestine dalle quali fino dal 1925 cominciarono a uscire i primi foglietti alla macchia, nelle guardine della polizia, nell'aula del Tribunale speciale, nelle prigioni, tra i confinati, tra i reclusi, tra i fuorusciti. E ogni tanto in quella lotta sorda c'era un caduto, il cui nome risuonava in quella silenziosa oppressione come una voce fraterna, che nel dire addio rincuorava i superstiti a continuare: Matteotti, Amendola, don Minzoni, Gobetti, Roselli, Gramsci, Trentin. Venti anni di resistenza sorda: ma era resistenza anche quella: e forse la più difficile, la più dura e la più sconsolata
.
Piero Calamandrei

Il fascismo non era soltanto un malgoverno buffonesco e improvvido, ma il negatore della giustizia; non aveva soltanto trascinato l'Italia in una guerra ingiusta ed infausta, ma era sorto e si era consolidato come custode di un ordine e di una legalità detestabili, fondati sulla costrizione di chi lavora, sul profitto incontrollato di chi sfrutta il lavoro altrui, sul silenzio imposto a chi pensa e non vuole essere servo, sulla menzogna sistematica e calcolata. 

Primo Levi





proposta  con slides di Mario Nicotra


Mussolini e il delitto Matteotti 10'


Matteotti e Mussolini alla Camera dei deputati
dal film IL DELITTO MATTEOTTI, 11'20"




CARATTERI DEL FASCISMO

LA POLITICA ESTERA DI MUSSOLINI

domenica 15 gennaio 2017

Napoleone nell'arte

presentazione generale con slides

  IL CULTO DI NAPOLEONE
42', video RAI



L'EROICA DI BEETHOVEN

La sinfonia fu inizialmente scritta per Napoleone e rappresenta la sintesi di tutta l'aspirazione all'epos riscoperta negli anni della rivoluzione. In essa si avverte la volontà di tenere insieme la musica e la realtà 
Beethoven, che come Hegel aveva visto nel generale corso "cavalcare lo spirito del mondo", gli indirizza una dedica, dedica che in seguito disconoscerà in un impeto di sdegno, strappando il frontespizio dell'opera, a seguito della sua incoronazione a imperatore. 
Proprio per questa delusione la sinfonia sarà quindi definitivamente intitolata (in italiano) "Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand'uomo".
Il definitivo dedicatario sarà il Principe Joseph Franz Maximilian Lobkowitz, un aristocratico boemo appassionato di musica e buon violinista dilettante che ne ospitò nel proprio palazzo la prima esecuzione.





L'incoronazione di Napoleone, Jacques-Louis David


Persino il filosofo tedesco Friedrich Hegel, il precursore (suo malgrado)del marxismo, si innamora di lui scrivendo: “Ho visto l’imperatore – quest’anima del mondo – uscire dalla città per andare in ricognizione. È veramente una sensazione meravigliosa vedere un simile individuo che, concentrato qui su un punto, seduto a cavallo, si estende sul mondo e lo domina.” 
L’Imperatore è Napoleone Bonaparte che il 2 dicembre del 1804, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, si incoronò Imperatore dei Francesi. Napoleone – basta il nome – dominerà gran parte della storia dell’Europa del XIX secolo e influenzerà idee e movimenti a venire.
Lui “l’Uom fatale” di cui la terra non saprà se una “simile orma di piè mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà” era figlio dell’Isola di Corsica, l’isola data da Genova alla Francia di Luigi XV per questioni di debiti. Giovane restò affascinato dalle idee del grande patriota corso Pasquale Paoli che aveva studiato a Napoli e che fece la guerra ai francesi e fondò la Repubblica, la Repubblica di Corsica, che per prima al mondo ebbe una Costituzione democratica e moderna scritta in Italiano la lingua che Paoli considerava la “lingua colta”.
Quando la Repubblica di Corsica fu sopraffatta e la sua costituzione stracciata, il giovane Bonaparte, nonostante il grado di luogotenente del regio esercito francese conseguito presso la scuola militare di Parigi, continuò a non nutrire amore per i francesi che considerava gli oppressori della sua Corsica e arriverà a scrivere: “Francesi, non paghi di averci portato via tutto ciò che ci era caro, avete anche corrotto i nostri costumi. La situazione attuale della mia patria, e l’impossibilità di mutarla, sono dunque un nuovo motivo per fuggire una terra in cui sono obbligato per dovere, a lodare uomini che per virtù dovrei invece odiare.”.
Il grande e inaspettato successo della Campagna d’Italia dove sconfiggerà gli austriaci e i piemontesi gli apriranno la porta per avere tutta la Francia ai suoi piedi. Ma l’ammirazione verso il giovane generale repubblicano valicò i confini di Francia e persino il grande compositore Ludwig van Beethoven gli dedicò una delle sue più belle composizioni la sinfonia n. 3, la famosa ‘”Eroica”. Beethoven, poi, cancellerà la dedica quando Napoleone si proclamò imperatore. Ecco, Napoleone Bonaparte imperatore dei Francesi. Ma poteva essere diversamente dopo che il mondo intero fu ai suoi piedi? “…Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar…”. 
Il 2 dicembre del 1804, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi Papa Pio VII benedisse le insegne imperiali con le quali Napoleone Bonaparte fu incoronato Imperatore dei Francesi. “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca” dirà ponendosi la corona sulla testa nel Duomo di Milano quando fu proclamato Re d’Italia. 
Fu imperatore e re non più per grazia divina ma per volontà di popolo. Un imperatore e un re che desidererà tornare a vivere come un privato cittadino nel momento della caduta e della resa. 
Il suo regno ancora dura nelle opere, nei codici, negli studi militari. E il poeta canterà: “… dov’è silenzio e tenebre la gloria che passò. Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati; ché più superba altezza al disonor del Gòlgota giammai non si chinò…”.
Franco Seccia, 2 dicembre 2016



Goya, 3 maggio 1808


Data di produzione: 1814
Dimensioni: 266×345 cm
Dove si trova: Museo del Prado, Madrid
Questo quadro è stato realizzato nel 1814 e fa parte di una coppia di quadri, ovvero questo e anche 2 maggio 1808 (in basso), i quali rappresentano due momenti in cui le truppe di Napoleone entrarono in Spagna e catturarono un gran numero di cittadini che eliminarono successivamente. La guerriglia in Spagna non cessò mai e Goya voleva certo esaltare coraggio e resistenza all'oppressore.3 maggio 1808 è passato alla storia come uno dei quadri più rappresentativi del tema della guerra, in cui possiamo vedere e constatare quali sono i veri drammi del conflitto e le reazioni degli uomini sconfitti. 
Cerchiamo di guardare meglio tutto il quadro; sulla sinistra sono presenti gli ostaggi, i quali sono rappresentati in momenti diversi e stanno per essere eliminati, mentre sulla destra ci sono di spalle le truppe di Napoleone, che stanno per fare fuoco sugli innocenti.

  • Al centro è presente un uomo vestito di bianco, ed è l’unico vestito così, il quale ha le braccia verso l’alto, bloccato dalle guardie; ma il suo movimento ricorda moltissimo quello di Gesù in croce e quindi potrebbe indicare che quest’ultimo si stia sacrificando per il proprio popolo. A rendere ancor più interessante questa ipotesi è il fatto che proprio quest’uomo abbia delle stigmate sulle proprie mani, richiamando proprio la somiglianza con Gesù.
  • Ai piedi dell’uomo appena descritto invece è presente una vittima già uccisa dal plotone, con le braccia proprio come quelle dell’uomo vestito di bianco.
  • C’è un uomo che invece ha il pugno chiuso, gesto che tradizionalmente rappresenta la rabbia, e in questo caso indica la frustrazione e l’ira da parte del popolo costretto ad essere eliminato.
  • Un’altra persona invece si inchina a terra, quasi piangendo, ed indica  coloro che si sono arresi all’invasione.
  • Un altro si copre la faccia con le proprie mani, rappresentando la vergogna degli stessi.
  • Un uomo invece guarda con orgoglio le truppe, rappresentando un sentimento simile alla rabbia indicata con l’uomo descritto precedentemente, ma questa volta indica l’odio per il nemico.
All’interno di questo quadro non è presente alcun tono di epicità nella scena, anzi è estremamente realistico; c’è il sangue degli innocenti versato a terra, che si mescola al giallo del terreno, colore che domina tutta la parte sinistra del quadro, mentre sulla destra sono presenti i soldati che già stanno puntando i prigionieri con le proprie armi pronti a sparare. Curiosamente, questi soldati non hanno un volto, e questo non è un caso, infatti questa scelta sta ad indicare che i loro ordini non possono essere influenzati da emozioni o ripensamenti.
Anche la lanterna presente ai piedi dei soldati ha un suo perché: la luce infatti è, l’elemento cardine rappresentante gli Illuministi, ovvero coloro che credono nella logica come strumento di salvezza. Questa luce però non è servita a salvare gli spagnoli, ma lo stesso discorso vale anche per la Chiesa ed il clero, rappresentati come sconfitti attraverso il campanile oscurato in lontananza e addirittura un monaco che si trova tra i prigionieri.

3 maggio 1808 oltre a voler rappresentare un fatto di guerra, è molto interessante, poiché questo quadro è diventato il rappresentante migliore di un evento che non dovrebbe mai accadere, nemmeno nella realtà odierna:
il conflitto e la sottomissione di un popolo ad un altro.


Goya, 2 maggio 1808



Data di produzione: 1814
Dimensioni: 268 cm x 347 cm
Dove si trova: Museo del Prado, Madrid



Napoleone e la letteratura:



di Alessandro Manzoni

venerdì 16 dicembre 2016

Olympe de Gouges

« Uomo, sei capace d'essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi? Chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il creatore nella sua saggezza; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l'esempio di questo tirannico potere. 
Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e rendi a te l'evidenza quando te ne offro i mezzi; cerca, indaga e distingui, se puoi, i sessi nell'amministrazione della natura. 
Dappertutto tu li troverai confusi, dappertutto essi cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale. 
Solo l'uomo s'è affastellato un principio di questa eccezione. 

Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo illuminato e di sagacia, nell'ignoranza più stupida, vuole comandare da despota su un sesso che ha ricevuto tutte le facoltà intellettuali; pretende di godere della rivoluzione, e reclama i suoi diritti all'uguaglianza, per non dire niente di più"

Olympe de Gouges, da Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne






Emma Baeri parla di Olympe de Gouges, scrittrice e femminista

perchè uguaglianza, libertà e giustizia  riguardano tutti, 
non solo gli uomini 


OLYMPE, UNA DONNA PER LE DONNE
di Syria Magro


LA RIVOLUZIONE FRANCESE
una ricostruzione generale
di Deborah Spataro


venerdì 2 dicembre 2016

dal biennio rosso allo squadrismo fascista

Nel 1919 l’Italia con il cosiddetto "biennio rosso" entra in una prolungata fase di instabilità politica e sociale che in alcuni momenti sembra preludere a un esito rivoluzionario. 


La crisi economica e l’inflazione da essa provocata, la disoccupazione prodotta dalla smobilitazione, le irrisolte questioni relative ai trattati di pace e in particolare ai confini orientali, il lascito psicologico e culturale di quattro anni di guerra creano un coacervo di problemi a cui la classe dirigente liberale non riesce a dare risposte adeguate. 

Un indizio che la crisi è di "sistema" è dato dal fatto che né Orlando, il cui governo cade il 19 giugno 1919, né Nitti, al potere fino al 9 giugno 1920, né il redivivo Giolitti riescono a venire a capo della situazione che anzi, anche dopo la fine del "biennio rosso", vede la crisi dello Stato liberale aggravarsi fino alla "marcia su Roma" dell’ottobre 1922 e alla nascita del primo governo Mussolini. 

Nuovi territori promessi all'Italia con il Patto di Londra del 1915


Tra la primavera e l’autunno 1919 ad agitare le piazze sembrano essere i problemi emersi dalla conferenza di pace di Parigi e in particolare quello delle frontiere orientali e di Fiume, ma a essi man mano si affiancano e poi si sostituiscono i disordini prodotti dal sempre più duro scontro politico-sociale tra le masse operaie e contadine che si riconoscono nelle organizzazioni socialiste, un padronato sempre più duro e determinato nel difendere i propri interessi ed una piccola borghesia che dopo essersi focalizzata sulla ‘vittoria mutilata’ e su "Fiume italiana" entra sempre più in rotta di collisione con le organizzazioni operaie e contadine. 

La gravità percepita della crisi dipese anche dal progressivo intensificarsi dei disordini nelle piazze a partire dal primo semestre del 1919 fino al duro scontro nelle campagne emiliane tra la Federterra e gli agrari (primavera-estate 1920) e all’occupazione delle fabbriche dell’agosto-settembre 1920. L’insieme degli eventi contribuì a generare l’idea, desiderata da alcuni, temuta da altri, di una rivoluzione sociale ormai alle porte. (Treccani)

La reazione della borghesia condurrà in breve tempo all'avvento del fascismo.


video 7'

domenica 27 novembre 2016

le forme di stato e di governo

                                     FORME DI STATO E FORME DI GOVERNO
confronto storico





La Repubblica Parlamentare è la forma di governo che mette al centro il Parlamento, da cui anche il sinonimo di Parlamentarismo. Gli elettori sono chiamati alle urne per eleggere i loro rappresentanti nelle Camere di cui si compone il Parlamento che a sua volta detiene il potere legislativo: esplica cioè la volontà popolare nel fare le leggi e nel controllo del Governo, detentore del potere esecutivo, che può entrare nel pieno delle sue funzioni solo con il voto di fiducia. In questo sistema politico il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento e ha funzioni di garanzia delle parti politiche e di rappresentanza dell’unità nazionale. E' il caso dell'Italia.




La Forma di Governo Semi-Presidenziale è caratterizzata dal fatto che il Capo dello Stato, denominato Presidente, è eletto direttamente dal popolo e dura in carica per un periodo prestabilito.
Il Presidente è indipendente dal Parlamento, perché non ha bisogno di alcuna fiducia, tuttavia non può governare da solo, ma deve servirsi di un Governo, da lui nominato, che deve ottenere la fiducia del Parlamento.
In tale Forma di Governo troviamo, quindi, il Presidente della Repubblica, che trae la sua legittimazione direttamente dalla volontà popolare,ed il Primo Ministro, il quale fa parte di un Governo che deve avere la fiducia dal Parlamento.
Questo sistema consente diversi equilibri della Forma di Governo, che vede da un lato la prevalenza del Presidente, al quale spetta il potere di indirizzo politico, dall’ altro del Primo Ministro e della sua maggioranza parlamentare.
La tipica Forma di Governo Semi-Presidenziale a Presidente forte la troviamo in Francia, mentre Forme di Governo Semi-Presidenziali a prevalenza del Governo sono adottate dall’Austria, dall’Irlanda e dall’Islanda.




La Repubblica Presidenziale è la forma di governo che concentra nel Presidente il maggior potere. Anche in questo caso si tratta di democrazia rappresentativa visto che gli elettori scelgono direttamente il Capo dello Stato senza passare per il tramite del Parlamento. Assemblando la carica di Presidente della Repubblica e Capo del Governo, non necessita del voto di fiducia da parte delle Camere: detiene il potere esecutivo e presiede il governo di cui è il massimo rappresentante. Il Parlamento è il solo titolare del potere legislativo: spetta solo alle Camere fare le leggi, anche in caso di urgenza e necessità, al contrario di quanto accade nel sistema parlamentare in cui il governo può agire con decreti.
Le due funzioni in questo caso sono nettamente separate per equilibrare il grande ruolo del Presidente: nessuna interferenza nell’iter legislativo, nessun controllo sulla durata del Parlamento, visto che manca il potere di scioglimento delle Camere, mentre il Parlamento non può revocare il mandato presidenziale. I due poteri si controllano a vicenda: il Presidente può bloccare le leggi emanate dalle Camere, mentre il Parlamento è il solo detentore del lato finanziario delle leggi con l’approvazione del bilancio e di tutti gli interventi che comportano nuove spese. La troviamo negli Stati  Uniti.

LE DIFFERENZE


PRESENTAZIONE DI CARMEN NUCIFORA, 4 C



LE MAPPE DI CHIARA VECCHIO, 4 C