sabato 15 settembre 2012

Lo sciopero a Buggerru nel 1904




Si trova raramente nei libri di storia eppure si tratta di un fondamentale e drammatico momento della lotta operaia del Novecento in Italia. E' il 4 settembre 1904: a Buggerru, in Sardegna, il nuovo direttore della miniera impone nuovi orari di lavoro ai quasi tremila minatori acuendo il clima di vessazione e abuso.

La “ Socièté anonime de mines de Malfidano” è la  titolare dei diritti di sfruttamento delle miniere di Buggerru e, grazie all’aiuto di potentati pubblici, riesce a impossessarsi di tutti i terreni intorno al paese ed è anche proprietaria degli alloggi e degli spacci, riuscendo a imporre i propri prezzi e a tenere in mano le leve dell’economia locale in regime di assoluto monopolio. I minatori dipendono quindi, anche nei momenti di pausa dal lavoro, dalla società la quale si rimpossessa con gli interessi del magro salario versato ai dipendenti: un giro vizioso che arricchisce l’azienda mineraria e impoverisce i minatori che hanno solo l’impressione di avere un introito fisso, ma in realtà sono indebitati regolarmente proprio con il loro datore di lavoro che diventa arbitro della loro esistenza.

Lo sfruttamento, nonostante arrivi ad altissimi livelli, non soddisfa ancora la proprietà che per poter produrre più utili pensa di diminuire di un’ora la pausa pranzo, costringendo i dipendenti a interrompere il lavoro alle 12 e riprenderlo alle 14 anziché alle 15. E’ palese che in questo modo aumentino le ore lavorative: gli operai sono costretti a cavare le pietre dall’alba al tramonto come nel famigerato periodo medievale.

Stanchi dei soprusi, gli operai incrociano le braccia. Gli scioperanti che sostano davanti alla palazzina della direzione in attesa dei colleghi che stanno discutendo con la proprietà odono dei rumori provenienti dalla falegnameria e, intuendo che qualcuno stia lavorando nonostante lo sciopero, iniziano a gridare: “Crumiri, crumiri. Venduti, venduti”. Numerosi sassi vengono lanciati verso la falegnameria colpendo qualche militare che, forse preso dal panico, apre il fuoco contro la folla caricata poi con le baionette.
Decine di feriti rimangono a terra e tra loro tre morti. Un eccidio gratuito che non ha nessuna giustificazione e che serve a far capire quale è il clima che i poveri lavoratori devono affrontare giornalmente, soli contro tutti, con le autorità istruite dai politici a proteggere la classe imprenditoriale dalla quale ottengono dei vantaggi e dei finanziamenti per le loro campagne elettorali. Uno Stato quindi fondato sulla prepotenza che nulla ha di liberale e che concede il voto solo a chi ha un censo e una istruzione, dimenticando e abbandonando la maggioranza dei cittadini che vive in una condizione di terribile emarginazione.

È la Sardegna dei padroni, dello strapotere di questi nuovi “Feudatari” che con l’imprimatur delle istituzioni ora hanno uomini da gestire, da sfruttare, da impoverire, da minacciare, da distruggere nel fisico e nel morale: questo causa in quegli anni l’abbandono dell’isola da parte di migliaia di disperati che cercano oltreoceano almeno la speranza per una vita migliore. 

Aumenterà così la grande emigrazione che già altre regioni italiane avevano conosciuto.
Intanto il 16 settembre del 1904 esplode il primo sciopero nazionale italiano, solidale con i minatori sardi, che inaugura l'epoca delle lotte e delle rivendicazioni del mondo operaio in un territorio ancora affidato al potere incontrastato di  feudatari e capitalisti.

Giuseppina Azzena segnala sull'argomento il video

DAI FATTI DI BUGGERRU L'EREDITA' DELLA MINIERA

 e il bellissimo romanzo di


Sergio Atzeni "Il figlio di Bakunìn" (da cui è stato tratto anche il

film omonimo di Gianfranco Cabiddu ) che presenta, tra l'altro, la

realtà mineraria della Sardegna tra Ottocento e Novecento.





IL PRIMO SCIOPERO GENERALE IN ITALIA




2 commenti:

  1. Grazie al lavoro di Giuseppina l'evento viene messo a fuoco e finalmente condotto all'importanza che ha rivestito nella nostra storia nazionale. Dal blog di Giuseppina riporto questa riflessione: "Intorno al 1850, diverse compagnie minerarie svolsero intensi affari sui ricchi giacimenti metalliferi presenti nel territorio. Per oltre un secolo, il territorio è stato sottoposto ad un continuo depauperamento delle sue risorse ambientali. Boschi interi tagliati selvaggiamente per fare carbone, per approvvigionare la miniera di legname. Oggi che il disimpegno estrattivo ha portato alla chiusura dei cantieri minerari, crediamo doveroso rivolgere la nostra attenzione non solo al ripristino ambientale, ma anche alla conservazione e valorizzazione di quei siti minerari (vedi galleria Henry) che hanno scritto sulla roccia la storia dei nostri ultimi centocinquantanni". Le proteste degli operai e dei minatori sardi di quest'ultimo periodo sono motivate anche da un passato che ha calpestato i diritti dei più deboli per la logica del profitto dei pochi chiamati a gestire il potere.

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