E' proprio vero che la democrazia non è mai una conquista definitiva, e che richiede attenzione vigile, coscienza civile matura, una società capace di vedere, parlare, denunciare. Le parole che Renan dedicò alla nazione- è il plebiscito di ogni giorno- io le ho sempre pensate per definire la democrazia.
La vicenda Diaz che ci ricorda che la deriva è infatti sempre possibile, che nel giro di poche ore un paese che ha saputo riscrivere con coraggiosa dignità la sua storia dopo venti anni di dittatura può sprofondare nell'abisso di pratiche ed abusi di potere che pensavamo fossero solo del Cile o dell'Argentina di qualche decennio fa. E' accaduto anche da noi, undici anni fa che sembrano ieri per la ferita profonda che hanno lasciato nella nostra fierezza democratica, per le immagini di volti insanguinati, di ragazze e ragazzi pestati, violati nel loro diritto di parola, di pensiero, di esistenza, immagini che portiamo tutti impresse nella memoria, puniti per la nostra ingenua fiducia.
Ai pestaggi di quel giorno si sono aggiunti un complice silenzio e l'ignobile mascheramento del potere chiamato a far luce sull'accaduto. Sistemi da sudamerica, deriva assoluta.
Scrive Repubblica: sono passati "undici anni dalla notte in cui, a Genova, nel quartiere di Albaro, la "democrazia venne sospesa" e quattrocento poliziotti impazziti e maldiretti entrarono nella scuola elementare "Diaz" per massacrare di botte 92 persone. Nei giorni scorsi la Cassazione ha emesso la sua sentenza, riportando la giustizia al suo posto tra gli uomini. " Undici anni finiscono qui, scrive con condivisibile sollievo civile Carlo Bonini sulle pagine del quotidiano: il 5 luglio 2012 sono stati finalmente condannati i responsabili di quella "macelleria messicana2.
In effetti la sentenza è importante ma il cammino della giustizia non si è ancora concluso. Quello della coscienza non avrà mai pace.
Lo scorso anno Amnesty International, appellandosi alla tutela dei dirtitti umani, esprimeva il suo disappunto:
"per dover ancora una volta rinnovare la richiesta di un'assunzione di responsabilità per le violazioni dei diritti umani commesse in quei giorni dalle forze di polizia. L'organizzazione teme che non aver affrontato lacune strutturali di tipo legale e istituzionale possa dar luogo, in futuro, a nuove violazioni dei diritti umani. L'impunità per violazioni quali quelle commesse in occasione del G8 di Genova del 2001 costituisce una macchia intollerabile nella storia dei diritti umani in Italia.
Dal 19 al 21 luglio 2001 Genova ospitò il summit del G8, un incontro tra i governi delle otto nazioni più industrializzate. In quei giorni, si stima che oltre 200.000 persone presero parte alle iniziative antiglobalizzazione nelle strade della città ligure. Sebbene la maggior parte di esse manifestò in modo pacifico, alcune proteste degenerarono in atti di violenza, che procurarono ferimenti e ingenti danni a beni.
Alla fine del summit, si contavano un manifestante morto, Carlo Giuliani, ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere, e diverse centinaia di persone (manifestanti, giornalisti e alcuni agenti delle forze di polizia) ferite nel contesto degli scontri tra le forze di polizia e parte dei manifestanti.
Subito dopo il G8, così come nei mesi e negli anni successivi, vennero alla luce prove di violazioni dei diritti umani da parte di rappresentanti delle forze di polizia, agenti penitenziari e personale medico, nei confronti di cittadini italiani e stranieri. Le prove si riferivano a maltrattamenti compiuti sia durante le manifestazioni che nella scuola Diaz (usata come dormitorio per i manifestanti e come centro stampa del Genoa Social Forum) e nella caserma militare di Bolzaneto, che le autorità avevano adibito a carcere provvisorio."
Amnesty definisce oggi importante la sentenza della Corte di Cassazione "che finalmente e definitivamente, anche se molto tardi, riconosce che agenti e funzionari dello stato si resero colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani di persone che avrebbero dovuto proteggere.
Tuttavia, Amnesty International ricorda che i fallimenti e le omissioni dello stato nel rendere pienamente giustizia alle vittime delle violenze del G8 di Genova sono di tale entità che queste condanne lasciano comunque l’amaro in bocca: arrivano tardi, con pene che non riflettono la gravità dei crimini accertati – e che in buona parte non verranno eseguite a causa della prescrizione – e a seguito di attività investigative difficili ed ostacolate da agenti e dirigenti di polizia che avrebbero dovuto sentire il dovere di contribuire all’accertamento di fatti tanto gravi. Soprattutto, queste condanne coinvolgono un numero molto piccolo di coloro che parteciparono alle violenze ed alle attività criminali volte a nascondere i reati compiuti."(Riccardo Noury, Il Corriere della Sera)
Per un plebiscito quotidiano servono fiducia, condivisione d'intenti, speranza d'avvenire. Il futuro, ha detto Robert Kowzlscki, non esiste in sè: quando lo incontriamo è già presente. Da qui dunque bisogna partire, con occhi bene aperti. Iniziamo a scrivere la pagina che si infutura nella dignità della giustizia e del rispetto dell'altro. Solo questa può essere chiamata, oggi e sempre, democrazia.
parla il regista Daniele Vicari
Nessun commento:
Posta un commento