venerdì 27 luglio 2012

La democrazia presa sul serio

Oggi la parola democrazia rischia di logorarsi per l'uso improprio e persino ubiquo, tirata in ballo da tutti per giustificare tutto, da chi combatte e da chi si difende, da chi vuole costruire così come da chi  tende a demolire quanto faticosamente messo in piedi nel corso degli ultimi secoli di storia. Ecco perchè essa "va presa sul serio", come suggerisce Paolo Flores D'Arcais, estendendone, stavolta con assoluta proprietà d'azione e di senso, il suo ambito alla  moralità, realizzazione istituzionale dell’imperativo kantiano che impone a tutti: "Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro,sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo".







(...)Torna perciò all’ordine del giorno il dovere di pensare la democrazia, ragionare su cosa siano le «democrazie» realmente esistenti, fino a dove sia consentito lo scarto tra etimologia e istituzionipolitiche, prima che «democrazia» diventi il pass-partout per nuovi dispotismi in versione postmoderna.
La democrazia è nata più volte (quella moderna, intendiamo), diversa ogni volta perché ogni volta ha alimentato differenti speranze. Winston Churchill, mastino conservatore, la voleva minimalista: la peggior forma di governo a eccezione di tutte le altre. Ma Albert Camus, nel ’44 su «Combat» clandestino, la definiva «uno stato della società dove ciascun individuo possieda in partenza ogni chance, e dove la maggioranza del Paese non sia tenuta in una condizione indegna da una minoranza di privilegiati», e in quegli
stessi giorni Giacomo Ulivi, 19 anni, studente di legge, partigiano per due volte catturato ed evaso, la terza torturato e fucilato, scriveva agli amici dal carcere: «Tutti i giorni ci hanno detto che la politica è lavoro di “specialisti” […]. Credetemi, la “cosa pubblica” è noi stessi […]. Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante» (...) Perciò, alla non disinteressata domanda «la democrazia presa alla lettera è possibile?», sarà bene rispondere con un’altra domanda: è possibile non prenderla alla lettera? (...) La democrazia costituisce infatti l’orizzonte politico ineludibile dell’autonomia umana, che però è tale solo se di-tutti-e-di-ciascuno. Laddove la sovranità non sia egualmente con-divisa, infatti, scolora nella gerarchia, sottrae dignità a ogni gradino che si scende nella scala del potere. Con la democrazia, la sovranità è stata rubata al Cielo, come il fuoco da Prometeo, proprio perché nessun sapiens se ne potesse più incoronare rappresentante e «unto», nella sudditanza degli altri. Non ha dunque altra legittimazione che la fedeltà al proprio concetto; senza questa fedeltà consegna una «terra desolata» al mero scontro delle volontà di potenza, al successo come unico criterio della legittimità: surrogato moderno dell’ordalia.

DEMOCRAZIA! Libertà privata e libertà in rivolta




3 commenti:

  1. Uno spunto di riflessione estremamente interessante su un concetto molto dibattuto, soprattutto negli ultimi tempi. Capita spesso di semplificare il significato del termine "democrazia", confondendolo magari con "libertà". Bisognerebbe invece comprendere che non si tratta di sinonimi, ma che certamente la democrazia deve avere come presupposto la libertà, innanzitutto quella di partecipazione alle scelte politiche. Ci è stata inculcata l'idea-sbagliata- che la politica sia una cosa per pochi. La politica, invece, dovrebbe essere oggetto di interesse comune, in quanto siamo tutti cittadini e parte integrante di una società. E' nostro compito quindi conquistarci ogni giorno questa decantata democrazia dato che non è ancora realmente tangibile nel nostro Paese. E per farlo, dobbiamo essere sempre vigli e tenerci alla larga da regimi -che pur etichettandosi come "democratici"- di democratico hanno ben poco. E' proprio la democrazia che permette il miglioramento di una società che non vuole escludere nessuno, perché nessuno è escluso. Il giurista Gustavo Zagrebelsky concepiva la democrazia come " il regime delle possibilità sempre aperte." Secondo il suo pensiero infatti, "non basandosi su certezze definitive, essa è sempre disposta a correggersi perché – salvi i suoi presupposti procedurali (le deliberazioni popolari e parlamentari) e sostanziali (i diritti di libera, responsabile e uguale partecipazione politica), consacrati in norme intangibili della Costituzione, oggi garantiti da Tribunali costituzionali – tutto può sempre essere rimesso in discussione. In vita democratica è una continua ricerca e un continuo confronto su ciò che, per il consenso comune che di tempo in tempo viene a determinarsi modificandosi, può essere ritenuto prossimo al bene sociale. Il dogma – cioè l'affermazione definitiva e quindi indiscutibile di ciò che è vero, buono e giusto – come pure le decisioni di fatto irreversibili, cioè quelle che per loro natura non possono essere ripensate e modificate (come mettere a morte qualcuno), sono incompatibili con la democrazia".

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  2. Grazie Rosita, il riferimento a Zagrebelsky è, come al solito, illuminante.

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  3. Di certo questo post è un importante spunto di riflessione, particolarmente significative sono state per me le immagini selezionate per l'occasione.Facendo scorrere le parole sotto i miei occhi, mi sono ricordata di Sartre, il filosofo che forse ho più apprezzato tra i tanti, e alla sua teoria sulla serialità e sul gruppo. Sartre scriveva nella società prevale la serialità, ovvero l'insieme di individui che non sono accomunati da passioni, ma vivono svolgendo diversi compiti all'interno della loro grigia esistenza. Si potrebbe dire che siano dei perfetti sconosciuti pur vivendo nello stesso ambiente. La reazione spontanea che nasce per contrastare la serialità è-sempre secondo Sartre- il gruppo, un insieme di individui che coltivano gli stessi interessi e che sfuggono alla passività e all'inerzia imposti dall'esterno. Per il filosofo questa condizione si crea nel momento in cui risulti necessario cambiare una situazione storica poco chiara (è anche necessario ricordare in che periodo storico egli sviluppa la sua teoria)ma credo che sia più che mai attuale. Anche noi viviamo nel secolo della serialità, in cui ognuno vive seguendo i propri interessi,disconoscendo ciò che lo circonda. Penso che per migliorare la situazione, dovremmo permettere all'idea del gruppo di accendere una scintilla nei nostri animi, voi cosa ne pensate?

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